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venerdì 11 settembre 2009

RICORSO PER EQUA RIPARAZIONE EX LEGGE 89/2001 (LEGGE PINTO)




CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

Ricorso ex L. 89/2001

Il Sig. XXXXXXXX, nato a Pollena Trocchia il 00/00/1900 ed ivi residente alla Via Trinità n. 12, cf XXXFFRRRRRRR, rappresentato e difeso dall’avv. Gennaro De Natale, presso il cui studio elettivamente domicilia, in virtù di mandato a margine del presente atto,

C O N T R O

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, domiciliato ex lege in Napoli (80134) alla via Armando Diaz n. 11 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli.

Il ricorrente, a mezzo del sottoscritto procuratore e difensore, chiede il risarcimento dei danni morali subiti per la durata del processo instaurato innanzi al Tribunale di Salerno – Sezione civile, iscritto al n. RG 0000/98, tutt’ora pendente.

FATTO

Con atto di citazione notificato in data ___________, PINCO PALLINO conveniva dinanzi al Tribunale di Salerno, il Sig. SEMPRONIO, residente in Salerno alla via R. TIZIO n. 218, onde sentire dichiarare la risoluzione del contratto di promessa di vendita stipulato in data 18/08/97, per inadempimento grave e condannare il convenuto al risarcimento dei danni.

Costituitosi regolarmente in giudizio, il Sig. _____________ contestava totalmente la domanda attorea e chiedeva dichiararsi, in via riconvenzionale, l’inadempimento grave dell’attore con conseguente restituzione della caparra e pagamento del doppio a titolo di risarcimento danni, e, inoltre, chiedeva condannarsi l’attore alla rifusione delle spese di straordinaria manutenzione sostenute e alla rifusione dei danni per mancata rivendita dell’immobile.

D I R I T T O

1 Violazione del termine ragionevole di durata del procedimento e responsabilità del Ministero della Giustizia.

Appare totalmente abnorme ed irragionevole la durata del suddetto processo civile, incardinato nel mese di settembre 1998 e tutt’ora pendente dopo 11 anni dal suo inizio. Il ricorrente ha diritto ad ottenere l’equa riparazione dei danni subiti, in quanto la durata del suddetto processo non trova giustificazione né nella complessità della vertenza, né nella condotta delle parti.

Vi è una responsabilità di tipo oggettivo del Ministero resistente, il quale ha violato il termine ragionevole di durata del procedimento in esame. Per attribuire tale forma di responsabilità al Ministero, non occorre provarne la colpa ex art. 2043 cc, ma è sufficiente provare il dato oggettivo del tempo in eccesso trascorso dall’inizio del procedimento.

Il presupposto della responsabilità del Ministero della Giustizia risiede nella violazione del termine di durata del procedimento, che non è rigidamente predeterminata, ma va desunta anche con ricorso ai criteri indicati nell’art. 2 L. 89/2001.

2 Conseguenze pregiudizievoli per la vittima con peculiare riferimento alla natura della controversia.

Tale giudizio ha procurato notevoli danni al ricorrente, sia sotto il profilo economico che morale, con conseguenti notevoli patimenti, oltre agli inevitabili e prolungati disagi causati al normale svolgimento della vita familiare: la particolare natura della causa, infatti, ha comportato non solo notevoli pregiudizi economici, ma soprattutto ansia e patema d’animo. Il danno morale indubbiamente sussiste, poiché non vi è dubbio che la lunga attesa della definizione di un giudizio di notevole rilevanza economica e riguardante un interesse di rilievo determini nell’interessato stanchezza, sfiducia nella giustizia e più in generale nelle istituzioni, senso di impotenza e quindi in definitiva uno stato d’animo negativo, che è suscettibile di ristoro in termini di danno morale.

3 An debeatur della domanda di equa riparazione. Il processo civile oggetto del presente giudizio, non è stato conforme all’art. 6 par. 1 della CEDU, con specifico riferimento al termine ragionevole di durata, essendo stata minima l’attività istruttoria espletata e non essendovi stato alcun comportamento dell’attore, odierno ricorrente, che abbia potuto ritardare il corso del processo.

Il caso non era complesso: il giudice adito avrebbe dovuto semplicemente ascoltare i testi e verificare la relazione del CTU, attività per le quali non era necessario il decorso di 11 anni. In ogni caso, il giudizio è tutt’ora pendente.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, conformemente ai principi elaborati in materia dalla Corte di Strasburgo, hanno precisato che, allorquando venga accertata la violazione del termine ragionevole di durata del procedimento, il danno non patrimoniale deve presumersi esistente, a meno che, per la particolarità della fattispecie, possa rivelarsi inesistente.

Inoltre, codesta Ecc.ma Corte ha ritenuto che è indubbio che la lunga attesa della definizione di un qualsiasi giudizio determini nel cittadino stanchezza, sfiducia nella giustizia e più in genere nelle istituzioni, senso di impotenza e, quindi, in definitiva uno stato d'animo negativo suscettibile di ristoro in termini di danno morale ai sensi del disposto di cui all'art. 2 comma 1 della l. n. 89 del 2001, da liquidarsi in via equitativa (Corte appello Napoli, 13 dicembre 2001).
4 Determinazione del quantum della domanda per l’equa riparazione.
Il ricorrente, richiamati i parametri della giurisprudenza della CEDU, chiede a titolo di equa riparazione un risarcimento per danno morale (non patrimoniale) di euro 00.000,00 (___________________/00), per le seguenti considerazioni.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le sentenze n. 1338, 1339, 1340 e 1341 del 26 gennaio 2004, ha stabilito che i criteri di determinazione del quantum della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili: la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte d’appello a norma dell’art. 2 della legge n. 89/2001, pur conservando la sua natura equitativa, è tenuta a muoversi entro un ambito che è definito dal diritto, perché deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui è consentito discostarsi purché in misura ragionevole (Ved. anche Cass. 20235/2004). Orbene, poiché la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, una volta superato il limite della ragionevolezza, considera ai fini della liquidazione l’intera durata del procedimento, si ritiene equo quantificare la somma richiesta in euro 1.000,00/1.500,00 per ogni anno di durata (11 anni x euro 1.500,00).

Per tutto quanto sopra esposto, si chiede che l'Ecc.ma Corte, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, voglia accogliere le seguenti

C O N C L U S I O N I

1) Accertare e dichiarare la violazione, da parte del Ministero della Giustizia convenuto, dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e, conseguentemente, accertare e dichiarare il diritto dell’odierno ricorrente ad ottenere un’equa riparazione secondo quanto stabilito dall’art. 2 della L. 89/2001;

2) Per l’effetto, condannare il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, al risarcimento integrale dei danni subiti, quantificati in euro ___________, o in subordine, in quella diversa misura, maggiore o minore, che codesta Ecc.ma Corte di Appello riterrà equa e giusta;

3) Condannare il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipante.

Il ricorrente allega le copie degli atti processuali in carta libera, come da indice in calce al presente ricorso; in caso di contestazione della conformità degli atti processuali, chiede fin d’ora, ai sensi dell’art. 35° L. 89/2001, che l’Ecc.ma Corte adita disponga l’acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento, senza alcun onere per il ricorrente.

Con espressa riserva di depositare memorie integrative e documenti sino al giorno dell’udienza.

Si depositano, tutti in semplice copia fotostatica: 1) Atto di Citazione; 2) Verbali del giudizio.

Napoli, data del deposito

avv. Gennaro De Natale

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