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giovedì 1 settembre 2011

SENTENZA DELLA CASSAZIONE DEL 22 LUGLIO 2011 N. 16141, SUL PAGAMENTO DELLE BOLLETTE ENEL TRAMITE IL SERVIZIO POSTALE




Con la suddetta sentenza, la Suprema Corte ha stabilito che l'Enel non deve risarcire gli utenti che hanno sopportato i costi di spedizione della bolletta. 

I giudici hanno ritenuto che, anche se l'autorità impone di offrire una modalità di pagamento gratuita, l'azione di inadempimento risulta priva di fondamento.

Di seguito il testo della sentenza.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE


........... omissis

ha pronunciato la seguente


sentenza


sul ricorso ********* proposto da **********


contro ENEL servizio elettrico spa ... omissis


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1) Il Tribunale di Catanzaro, son sentenza del 10 maggio 2010, ha accolto l'appello proposto dall'Enel Distribuzione spa ed in riforma della sentenza n. ***** del 2008 del Giudice di Pace di Badolato, ha rigettato la domanda proposta nel marzo 2008 da ********** per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento del contratto di somministrazione dell'energia elettrica corrente con detta spa nella misura di € 1,00, rappresentante l'importo pagato per il costo del pagamento di una bolletta tramite il servizio postale.


L'inadempimento dell'Enel era stato individuato adducendosi: che con l'art. 6 comma 4, della Deliberazione 28 dicembre 1999 n. 200, l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas (A.E.E.G.) aveva imposto agli esercenti il servizio di distribuzione e vendita dell'energia elettrica e, quindi, all'ENEL, di offrire al cliente almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta; che l'Enel non aveva ottemperato e, in ragione dell'inadempimento l'AEEG aveva - con deliberazione n. 72 del 2004 - diffidato inutilmente l'Enel ad adempiere all'obbligo e la deliberazione era stata ritenuta valida dal TAR Lombardia con sentenza del 9 novembre 2005, n. 3948.


2) Il Giudice di Pace di Badolato aveva accolto la domanda nel presupposto che l'art. 6, comma 4, avesse integrato il contratto di fornitura ai sensi dell'art. 1339 cc e che, non avendo l'Enel predisposto una modalità di assicurazine del pagamento gratuito, bensì quella tramite pagamento presso le Poste, l'utente era risultato gravato indebitamente del costo del pagamento richiesto dalle stesse.


L'appello dell'Enel si era articolato sia nel sostenere che l'art. 6, comma 4, non aveva avuto efficacia integrativadel contratto ai sensi dell'art. 1339 cc, sia, gradatamente, nel senso che il danno da inadempimento lamentato dall'utente non sarebbe stato configurabile, giacchè se fosse stata assicurata una modalità di pagamento gratuito - come lo era stata prevedendosi, a far tempo dal 2004 (e siccome si dava atto - a dire dell'Enel - nella delibera n. 72 del 2004 dell'AEGG) la possibilità di pagare presso lo sportello dell'Enel esistente nel capoluogo di provincia - l'utente, dovendosi recare presso di esso, avrebbe dovuto sopportare spese ben maggiori di quelle del costo del bollettino postale.


3) Il Tribunale di Catanzaro ha accolto l'appello dell'Enel in quanto al primo motivo, ritenendo che non avesse avuto luogo l'integrazione del contratto ai sensi dell'art. 1339 cc per effetto dell'art. 6, comma 4, citato, dovendosi riconoscere alla prescrizione di cui a quest'ultimo effetto soltanto nel rapporto diretto autoritativo fra l?AEEG e l'Enel, di modo che l'inottemperanza da parte di quest'ultimo avrebbe potuto giustificare l'irrogazione di sanzioni da parte dell'AEEG, ma non consentire, per non essere stato integrato il contratto, l'azione di risarcimento danni per inadempimento.

3.1) In sintesi, la motivazione si articola con i seguenti passaggi: dopo una premessa, intesa a richiamare la norma dell'art. 1196 cc, là dove precede che le spese del pagamento sono a carico del debitore, si precisa che, atteso il contenuto dispositivo della norma, ne è possibile la deroga per effetto di accordo delle parti. Si osserva, quindi, che una deroga può avvenire anche per effetto di eventuali previsioni di legge a norma dell'art. 1339 cc dispositive in senso diverso. Si avverte che il riferimento alla legge nella norma ora detta va relativizzato, potendo ricomprendere oltre la legge in senso sostanziale, i regolamenti normativi e ministeriali ed i provvedimenti amministrativi in tema di tariffe, purchè - in ossequio al principio di legalità, di cui all'art. 97 della Costituzione - sulla base di una norma di legge attributiva del relativo potere. Dopo di che, premesso il richiamo ai poteri attribuiti dall'art. 12, comma 2, della L. n. 481 del 1995 all'AEGG, particolarmente nelle lettere e) ed h), nonchè ai commi 36 e 37 del detto articolo 12, si osserva che: <<1. il concessionario del servizio pubblico di erogazione di energia elettrica ha l'obbligo di predisporre un regolamento di servizio contenente le condizioni generali del contratto di somministrazione; 2. tale regolamento di servizio conforma il proprio contenuto alla convenzione di servizio ovvero al contratto di programma stipulato tra l'amministrazione pubblica concedente ed il medesimo concessionario; 3. esso è altresì integrato dalle determinazioni dell'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas in materia di prestazione del servizio pubblico>>. Di seguito, tuttavia, si sostiene che <
>, mentre non si estende, invece, alle modalità di adempimento della prestazione dell'utente, per quanto le tariffe vengano invece determinate autoritativamente>>.

A sostegno di tale assunto si richiamano le norme delle lettere g), i), l), n) e p) dello stesso art.12, comma 2, per desumerne che i relativi poteri autoritativi sarebbero volti alla verifica del rispetto di standard qualitativi nell’erogazione del servizio pubblico e che solo i poteri di cui alle lettere l) ed n) concernerebbero obblighi gravanti sull’utente, ma senza che le relative potestà pubblicistiche si possano concretizzare <
>. A conferma di questo assunto si cita Cons. Stato, sez. VI , 27.10.2003 n. 6628.

La conclusione è stata che <
>.

Al ricorso ha resistito con controricorso l’Enel Servizio elettrico s.p.a., sia nella qualità di procuratore speciale dell’ENEL Distribuzione s.p.a., sia nella qualità di beneficiaria del ramo di azienda dell’Enel Distribuzione s.p.a. nell’ambito del quale ricade il complesso dei beni e dei rapporti concernenti l’attività di vendita dell’energia elettrica ai clienti finali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si osserva che il ricorso è stato sottoscritto da due avvocati muniti di procura speciale congiunta e disgiunta, di cui uno solo ….. risulta cassazioni sta; in tale situazione, la sottoscrizione da parte dell’avvocato cassazioni sta è sufficiente ai fini dell’ammissibilità, sotto il profilo in esame, del ricorso (confronta Cass. n. 15478 del 2008).

1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto: in particolare articoli 1196 e 1339 del codice civile con riferimento al provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas n. 200 del 1999”.

1.2. Vi si critica la motivazione della sentenza impugnata con riguardo a pretesi suoi passi, che vengono riportati testualmente fra virgolette, i quali, però non trovano tutti rispondenza in essa, apparendo taluni riferibili, evidentemente, alla motivazione di una distinta sentenza.

Poiché, però, anche il contenuto sostanziale di quelli che non corrispondono formalmente alla motivazione della sentenza impugnata è aderente a quest’ultima, l’ammissibilità del motivo sotto il profilo della sua pertinenza alla motivazione non risulta compromessa.

1.3. In sintesi, le argomentazioni con cui il motivo viene illustrato si risolvono nel postulare che erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto, in generale, che l’esercizio da parte dell’A.E.G.G. del potere di direttiva di cui all’art. 2, comma 12, lett. h) della deliberazione n. 200 del 1999 non dia luogo a prescrizioni idonee ad incidere direttamente sul contenuto dei rapporti di utenza fra Enel e clienti e, su questa premessa, si sostiene che, di conseguenza, erroneamente la prescrizione dell’adozione di almeno una modalità gratuita di pagamento delle bollette sia stata ritenuta inidonea – attraverso il rinvio dell’art. 2, comma 12, lett. h), al comma 37 dello stesso articolo – a determinare in prima battuta l’integrazione del regolamento di servizio predisposto dall’’Enel e, quindi, del contratto di utenza, bensì soltanto l’obbligo dell’Enel di ottemperare nei confronti dell’ dell’ A.E.G.G. ed il potere di quest’ultima di applicare le relative sanzioni.

2. Con un secondo motivo si denuncia”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: avvenuta corresponsione di somme per il pagamento delle bollette ad ENEL”.

L’illustrazione è svolta assumendo che la sentenza impugnata avrebbe ritenuto assorbito il motivo di appello relativo alla sussistenza del danno risarcibile, ma avrebbe osservato che - <
>.
Il danno, viceversa, sarebbe <
>, sia attraverso l’esborso sopportato all’atto del pagamento della fattura, sia per il fatto che l’A.E.G.G. aveva riconosciuto l’inadempimento contrattuale dell’Enel alla prescrizione dell’art. 6, comma 4, della delibera 200 del 1999. inoltre, si sostiene che l’adempimento dell’Enel a tal prescrizione non poteva ritenersi realizzato attraverso la concessione della possibilità di pagare gratuitamente presso lo sportello del capoluogo di provincia, dato che questa modalità esponeva comunque a spese.

3. Con un terzo motivo si denuncia <
>.

Vi si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe ritenuto assorbito il motivo di appello relativo alla violazione da parte dell’Enel dell’obbligo di informazione circa la modalità gratuita di pagamento, ancorché si trattasse di circostanza incontestata. La sentenza avrebbe inoltre osservato che nella deliberazione n. 55 del 2000 dell’A.E.G.G. non sarebbe esistita alcuna imposizione dell’obbligo di informativa, ma avrebbe trascurato che detto obbligo derivava dagli artt. 1175 e 1375 cc.

4. Il secondo e terzo motivo sono manifestamente inammissibili, sia perché sarebbero relativi a motivi di appello rimasti assorbiti, che, dunque, ben potrebbero e dovrebbero essere riesaminati nel caso di cassazione della sentenza in accoglimento del primo motivo, sia – gradatamente – perché nella sentenza non vi è traccia della dichiarazione di assorbimento e nemmeno delle affermazioni che riguardo a detti motivi la sentenza avrebbe fatto ( peraltro ultroneamente, dato l’assorbimento), sia – ancora più gradatamente – perché nemmeno si indica, in manifesta violazione del principio di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c., che costituisce il precipitato normativo del principio di autosufficienza, da chi, come e con quali espressioni i detti motivi sarebbero stati prospettati. Inoltre, quanto alla circostanza oggetto del terzo motivo, cioè della violazione del dovere di informazione, nemmeno si precisa come e dove essa fosse stata dedotta come fatto costitutivo di inadempimento contrattuale originante il danno.

5. il primo motivo è fondato là dove critica la motivazione della sentenza impugnata quanto alla inidoneità dell’art. 6, comma 4, della deliberazione n. 200 del 1999 ad integrare il contratto di utenza ai sensi dell’art. 1339 c.c., ma il riconoscimento della erroneità della motivazione con cui il tribunale è pervenuto a detta conclusione a favore di detta inidoneità e, quindi, il consequenziale dispositivo della sentenza, appaiono, conformi a diritto. Di modo che la Corte deve procedere solo alla correzione della motivazione giustificativa della inidoneità, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cpc.

5.1. Prima di dar conto delle ragioni di tale correzione è necessaria una precisazione.

Deve anzitutto ricordarsi e ribadirsi che, nel regime anteriore alle riforme di cui alla l. n. 69 del 2009, <
>. ( Cass. n. 22283 del 2009).
Tale principio conserva la sua validità anche dopo l’introduzione del secondo comma dell’art. 101 da parte detta legge, atteso che l’omologia fra questa nuova previsione generale e quella speciale del terzo comma dell’art. 384 – indipendentemente dalla ricostruzione dell’ambito di applicabilità di quest’ultimo e dalla questione della sua coincidenza o meno con la nuova regola generale – comporta la perdurante validità della specialità della previsione del quarto comma dell’art. 384 cpc. Non solo per le ragioni che l’avevano giustificata a fronte dell’ introduzione del detto terzo comma, ma anche in ossequio al principio lex posterior generalis non derogat priori speciali. Si vuole dire, cioè che, qualora si credesse che vi sia coincidenza fra la previsione del terzo comma, ma anche in ossequio al principio lex posterior generalis non derogat priori speciali. Si vuole dire, cioè che, anche qualora si credesse che vi sia coincidenza fra la previsione del terzo comma dell’art. 384cpc e quella del nuovo art. 101, secondo comma, cpc, in ogni caso la norma del quarto comma sarebbe rimasta ferma quale previsione speciale non modificata da quella generale.

Il principio di diritto che viene in rilievo è, pertanto, il seguente: <
>.
5.2 Ciò premesso, si osserva che la motivazione della sentenza impugnata appare erronea, là dove ha interpretato l’art. 2, comma 12, lett. h), nel senso che le deliberazioni adottate dall’A.E.G.G. ai sensi di essa possano svolgere efficacia integrativa dei contratti di utenza individuali, attraverso la mediazione dell’integrazione del regolamento di servizio predisposto dal concessionario, soltanto per quanto attiene alla produzione ed alla erogazione del servizio e non invece quanto alle modalità di esecuzione della prestazione dell’utente, come nella specie la modalità dell’adempimento.
Questa lettura della norma non appare conforme alla sua corretta esegesi sia sul piano letterale sia su quello teleologico.

5.3. queste le ragioni.
Va premesso che l’art. 1, comma 1, della l. n. 481 del 1995 (recante: <
>), prevede, sotto la rubrica <> che << Le disposizioni della presente legge hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, di seguito denominati<> nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo. Il sistema tariffario deve armonizzare gli obiettivi economico- finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse>>.

Il lettore della norma percepisce fra el finalità della legge v’è anche quella di promuovere la “tutela degli interessi di utenti e di consumatori”.

Il successivo art. 2, comma 12, dopo aver previsto che <
>, che poi provvede ad elencare in una serie di lettere, nella lettera h) dispone l’A.E.G.G. <>.

Ora, la struttura di questa norma consente di affermare che dall’esercizio da parte dell’A.E.G.G. del potere da essa previsto possa senz’altro derivare una integrazione del contratto ai sensi dell’art. 1339 c.c.

Il punto da chiarire concerne, per un verso la definizione dell’ambito oggettivo di tale possibile integrazione e, per altro verso l’individuazione delle condizioni in presenza delle quali l’esercizio del potere può avere l’effetto integrativo.

Che in astratto l’integrazione possa avvenire si desume dal fatto che il potere di cui alla norma in esame è potere esercitatile attraverso atti di natura certamente amministrativa, qualificabili, allorquando abbiano carattere normativo, cioè idoneità a prescrivere comportamenti ai soggetti esercenti, come regolamenti propri del settore cui appartiene il singolo servizio e cui soprintende la specifica autorità, oppure, se si dà rilievo alla limitatezza della platea di detti soggetti ed al loro carattere predefinito in un dato momento, e da tanto interferisca la mancanza del carattere dell’astratta indeterminatezza dei soggetti destinatari, come atti amministrativi precettivi collettivi, cioè diretti verso soggetti determinati. Poiché tali atti sono emanati sulla base di una previsione di legge, allorché il loro profilo funzionale ed il loro contenuto possa essere considerato come determinativo di una clausola rispetto al contratto di utenza, l’applicabilità dell’art. 1339 cc appare in linea generale giustificata, perché, quando detta norma allude alle <
> imposte dalla legge non si riferisce soltanto al caso nel quale la legge individui essa stessa direttamente la clausola da inserirsi nel contratto (come sarebbe stato se il Codice avesse richiesto che la clausola sia prevista <> o <> dalla legge), ma allude anche all’ipotesi in cui la legge preveda che l’individuazione della clausola sia fatta da una fonte normativa da essa autorizzata.

Il che accade nella specie, poiché la previsione di legge dell’art. 2, comma 12, lett.h), nell’attribuire all’autorità e fra queste all’A.E.G.G., il potere di direttiva – se si ritiene che tale potere possa concretarsi nell’individuare clausole dei contratti di utenza – avrebbe appunto l’indicata funzione autorizzatoria, nel senso che la direttiva determinerebbe l’integrazione del contratto in quanto abilitatavi da una previsione di legge.

E’ vero che nella norma non v’è alcun riferimento ai contratti di utenza. Tuttavia, la mancanza di tale riferimento non è affatto decisiva, perché l’ultimo inciso nella norma, prevedendo che le determinazioni dell’autorità producono gli effetti del successivo comma 37, consente che l’integrazione dei contratti possa avvenire mediatamente.

Il comma 37 dell’art. 2, infatti, stabilisce che <
>: è allora chiaro che una integrazione del regolamento di servizio, qualora si concreti nella previsione che il contratto di utenza debba contenere una certa clausola, rappresentando il regolamento di servizio sostanzialmente le condizioni generali di contratto alle quali debbono adeguarsi i contratti di utenza, si risolve in via mediata in una integrazione autoritativa dello stesso contratto.

5.4.Ciò chiaro, riprendendo l’interrogativo su indicato a proposito della necessità di definire il possibile ambito oggettivo della integrabilità dei contratti di utenza per il tramite del potere di cui all’art. 2, comma 12, lett. h), si deve rilevare che l’oggetto di tale potere, là dove (oltre che alla produzione) si riferisce alla <
>, ove venga messo in relazione con la proclamazione dell’art. 1,comma1, della l. n. 481 del 1995 in ordine alla tutela degli interessi di utenti e consumatori, si presta ad essere riferito all’intero ambito del rapporto di utenza individuale, perché l’erogazione del servizio, essendo diretta verso gli utenti ed avvenendo sulla base dei rapporti individuali di utenza, è formulazione talmente generale da apparire di per sé idonea a comprendere anche il profilo del contenuto di detti rapporti.

L’interesse degli utenti e dei consumatori, infatti, non può non essere tutelato anche con riferimento a quell’aspetto delle modalità di erogazione del servizio che si estrinseca nei rapporti individuali.
Nè in senso contrario assume un qualche valore l’espressione con la quale la lettera h) specifica <
> che le direttive debbono definire <>. In tal modo si assegna un contenuto minimo necessario alle direttive, ma non si sminuisce il valore onnicomprensivo del riferimento all’erogazione del servizio per come giustificato dall’art. 1, comma 1.

Inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale non appare fondata neppure una giustificazione delle letture restrittiva della lettera h) nel senso – come scrive il Tribunale stesso – ch’esso riguarderebbe comunque solo l prestazione del concedente, mentre gli obblighi dell’utente sarebbero considerati dalle lettere l) ed n) dello stesso art. 2, comma 12.

In disparte il rilievo che non è chiaro perché prescrizioni contenutistiche circa i contratti di utenza, dirette a disciplinare gli obblighi del concedente, non afferiscono almeno indirettamente comunque, cioè anche quando siano dirette a regolare i comportamenti da tenersi da parte dell’utente, alla prestazione del concessionario, posto che ad essa essi si correlano nel sinallagma contrattuale, si osserva che il contenuto delle lettere h) ed n) semmai conferma la lettura estensiva della lettera h).
La lettera l) dispone che l’autorità <>. E la lettera n) che l’autorità <>.

Invero, la previsione della lettera l) pertiene a compiti di diffusione di informazione presso gli utenti e la lettera n) disciplina i poteri dell’Autorità, ma l’una e l’altra attività nulla hanno a che fare con la possibile determinazione, attraverso le direttive cui allude la lettera h), del contenuto del contratto di utenza attraverso la mediazione dell’intervento sul regolamento di servizio.

Deve, dunque, affermarsi che l’A.E.G.G. attraverso le direttive previste dalla lettera h) dell’art. 2, comma 12, bene può dettare precetti che, in quanto integrano il contenuto del regolamento di servizio cui allude il comma 37 della norma dello stesso art.12 possono produrre l’integrazione dei contratti di utenza pendenti attraverso la previsione dell’art. 1339cc.



A fini di nomofilachia, prima di definire le condizioni in presenza delle quali ciò può avvenire e, quindi, di chiarire se sia avvenuto in concreto con riguardo alla specie che si giudica, il collegio reputa opportuno formulare una precisazione, che concerne sempre il profilo oggettivo dell’ambito entro il quale le direttive della lettera h) possono svolgere la funzione di integrazione ai sensi dell’art. 1339 cc.

La precisazione è nel senso che, avvenendo l’integrazione con riferimento a rapporti pur sempre espressione della privata autonomia ed articolandosi attraverso manifestazioni normative secondarie regolamentari oppure integranti atti amministrativi precettivi collettivi, sia pure autorizzate dalla previsione di legge, essa può comportare interventi che incidono sui rapporti di utenza in modo derogatorio anche di norme di legge, se del caso dello stesso codice civile, cha abbiano, però, un contenuto meramente dispositivo, cioè derogabile dalla privata autonomia, mentre deve escludersi che possa giustificare interventi in senso derogatorio di norme previste da disposizioni legislative di contenuto imperativo.

Invero, mentre l’intervento sulle norme del primo tipo è pienamente giustificabile perché incide su previsioni legislative che le stesse parti, con il loro accordo, potrebbero derogare, s’ che appare giustificato a maggior ragione che sia l’Autorità preposta al settore a prevedere la deroga, seppure con il limite funzionale e di scopo di cui immediatamente si dir, viceversa, in presenza di una norma imperativa di legge, il principio di legalità impone di intendere il fenomeno di attribuzione di poteri di disciplina, con fonti di rango secondario o addirittura non aventi nemmeno contenuto normativo, in modo restrittivo. E, dunque, in mancanza di espressa attribuzione del potere di deroga alle norme imperative da parte di una norma di legge (o, deve ritenersi, di rango comunitario ad effetti diretti all’interno dell’ordinamento interno), come non esercitabile in deroga ad esse.

Solo in questo senso e nei limiti ora detti si intende condividere l’affermazione di Cons. Stato, VI Sezione, 11 novembre 2008, n. 5622 circa l’esegesi del potere di normazione di cui all’art. 2 comma 12, lett. h), che, invece, quel consesso parrebbe avere inteso come riferita ad ogni norma di legge.

5.6. Sciogliendo la riserva espressa poca sopra, il collegio ritiene, inoltre, che la stessa possibilità di deroga a norma di legge meramente dispositive sia, però, da restringere sotto il profilo funzionale in senso unidirezionale, cioè sia limitata ad una deroga a favore dell’utente o del consumatore. Lo impone sempre il precetto espresso nel comma 1 dell’art. 1 della legge di settore in precedenza ricordato circa il necessario indirizzarsi dell’attività dell’Autorità a tutela degli interessi adi utenti e consumatori. Ciò, naturalmente, come l’eccezione che vi sia una norma di legge o di rango comunitario ad efficacia diretta che abiliti anche alla deroga a norme imperative.

Sicché il principio diretto che può affermarsi è il seguente: “ il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione alternativa, di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2 comma 2, lettera h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui al comma 37 dello stesso art. 2, possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art.1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta – non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e al deroga a norma di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatore”.

5.7. Può passarsi a questo punto a definire le condizioni in presenza delle quali la normazione o l’atto di esercizio di poteri amministrativi precettivi a contenuto collettivo ai sensi dell’art. 21 comma 12 lett. h), con i limiti indicati , può integrare, attraverso la mediazione dell’integrazione del regolamento di servizi, i contratti di utenza individuale.

Tale definizione deve partire dal dato che il potere di normazione o di amministrazione de quo è qualificato con un’espressione, quella di direttiva, che si presta a comprendere: a) l’imposizione di precetti al destinatario sub specie di indicazione di un risultato da raggiungere, se del caso con o senza assegnazione di un limite di tempo, salva al individuazione da parte di esso de modo con cui pervenire al risultato, ch’egli, dunque può in sostanza poi scegliere; b) l’imposizione di un precetto che non lasci al destinatario alcuna possibilità di scelta sui tempi e sui modi.

Ebbene, l’idoneità della direttiva a determinare, tramite la mediazione dell’integrazione del regolamento di servizio, l’integrazione dei contratti di utenza per al via dell’art. 1339 cc è configurabile soltanto nel secondo caso.




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