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martedì 29 novembre 2011

GIUDICE DI PACE DI SALERNO - SENTENZA - INTERRUZIONE LINEA TELEFONICA E ADSL




UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE

SALERNO

Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

Il Giudice di Pace dott. Luigi Vingiani ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al R.G.A.C. n. 2892/2011   riservata all’udienza del 18.07.2011
TRA

L’AVV. GENNARO DE NATALE procuratore di se stesso con studio in Salerno alla via Ogliara n. 36

ATTORE

E

TELECOM ITALIA SPA in persona legale rapp.te  p.t., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di citazione notificato, dall’avv.      ************  Con studio in Salerno alla via *****************
CONVENUTO

CONCLUSIONI: come da verbale di causa e comparse depositate.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione debitamente ritualmente notificato l’avv. Gennaro De Natale conveniva in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Salerno la Telecom Italia spa per sentirla condannare al pagamento della somma di euro 352,72 a titolo di indennizzo previsto dalle Condizioni Generali di Abbonamento. Sottolineava che in data 23.10.10 si era verificata una interruzione della propria utenza telefonica e collegamento internet sull’utenza 0892821** nonché totale assenza di linea al numero aggiuntivo 0897014**** e , nonostante segnalazione, la linea era stata ripristinata solo in data 27.010.2010 mentre la seconda linea solo in data 8.11.2010.

All’udienza di prima comparizione, regolarmente citata, si costituiva la Telecom sa ed il procuratore della convenuta si riportava alla comparsa di costituzione e risposta, in uno al proprio fascicolo unitamente ad altri documenti: si riportava altresì alle eccezioni ivi contenute e chiedeva l’accoglimento della propria tesi difensiva.

Nel corso del giudizio, le parti costituite ribadivano e puntualizzavano le rispettive posizioni, venivano escussi i testi e dunque la causa, rinviata per le conclusioni e per la discussione, veniva riservata in decisione all’udienza del 18.07.2011.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si precisa che questa controversia viene decisa secondo diritto a prescindere dal valore della stessa.

Le legittimazioni delle parti sono provate per tabulas e, comunque, la documentazione prodotta dall’istante non è mai stata mai espressamente negata dalla convenuta.

Preliminarmente si sottolinea che la domanda attorea è procedibile ed ammissibile, atteso che l’attore, prima di adire l’Autorità Giudiziaria competente, ha tentato di conciliare, ma invano, la vertenza contro l’odierna convenuta innanzi alla Camera di Commercio di Salerno.

Nel merito, la domanda attorea risulta fondata e va accolta.

Nel merito, deve rilevarsi che dagli atti di causa è emersa la circostanza dell’illegittima sospensione del servizio telefonico e della connessione internet sia della prima linea che di quella aggiuntiva.

D’altronde la stessa società convenuta in qualche modo ha, almeno in parte, riconosciuto l’illegittimità del suo comportamento, atteso che dalla documentazione depositata si evince che dal 23.10.10 al 27.10.2010 l’utenza dell’attore non ha funzionato (cfr. dettaglio della fattura periodo 1.10.2010 al 30.11.2010.

Così come anche i testi di parte attrice, sig.  ********** e sig. *****************, della cui attendibilità non è dato dubitare, hanno confermato l’assunto attoreo evidenziando sia l’assenza di linea telefonica e adsl della prima linea che quella della seconda linea
Se, pertanto, le circostanze sono quelle emerse in corso di causa, si può ritenere sussistente la esclusiva responsabilità della convenuta Telecom s.p.a. nell’adempimento contrattuale di cui è causa.

Tale inadempimento è stato provato dalla’attore, e non negato dalla convenuta. A tal proposito si è espressa anche la Cassazione: “In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve solo provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto inadempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (anche per difformità rispetto al dovuto o anche per tardività dell’adempimento) gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento” (cfr. Cass. Civ. n. 2387/04 in Giustizia Civile, massimario 2004).

Ed inoltre: “In caso di azione per risarcimento danni derivanti da ritardo dell’adempimento, l’attore deve provare il tardivo adempimento, essendo questo un elemento costitutivo della pretesa risarcitoria” (Cass. Civ. n. 12849/97).

Passando al quantum, l’attore ha richiesto la condanna della convenuta al pagamento di un congruo indennizzo, anche ai sensi delle Condizioni Abbonamento, quantificato in euro 353,72.

Circa la richiesta attorea di indennizzo, questo Giudice ritiene di doverla accogliere nella misura, liquidata equitativamente, di euro 353,72 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell’attore ed a carico della convenuta.

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Salerno, dott Luigi Vingiani, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da DE NATALE GENNARO nei confronti di Telecom spa così provvede:

1)   Accoglie per quanto di ragione la domanda attorea e condanna la convenuta Telecom spa al pagamento, in favore dell’attore e per le causali di cui in motivazione, dell’importo complessivo di Euro 353,72 oltre interessi dalla domanda al soddisfo.

2)   Condanna la convenuta Telecom spa al pagamento in favore dell’attore delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 600,00 di cui Euro 100,00 per spese (compresi i soldi spesi per la conciliazione), Euro 300,00 per diritti ed Euro 200,00 per onorario oltre rimborso forfettario, IVA e CPA come per legge, con attribuzione al procuratore costituito che si è dichiarato antistatario.

Così deciso in Salerno lì 02/11/2011

Il Giudice di Pace

Avv. Luigi Vingiani

lunedì 21 novembre 2011

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI - EQUA RIPARAZIONE - DECRETO N. 302/07 V.G.



LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI

PRIMA SEZIONE CIVILE

riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

dott. Luigi Martone      Presidente
dott. Giancarlo de Donato        Consigliere
dott. Magda Cristiano              Cosigliere rel.

nel procedimento camerale avente ad oggetto Equa riparazione ex L. n. 89/01 promosso

DA

*********** rappresentata e difesa dall’avv. *********** con la quale elettivamente domicilia presso la Cancelleria della Corte d’Appello di Napoli.

CONTRO

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, In persona del Ministro in carica, rappresentato dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui domicilia ope legis in Napoli, via Diaz n. 11;

sciolta la riserva assunta all’udienza camerale del 4.4.08
ha pronunciato il seguente

DECRETO

************, con ricorso depositato il 16.02.2007 e ritualmente riassunto, ex art. 307 cpc, il 25.01.2008, ha lamentato l’eccessiva durata del procedimento civile promosso nei suoi confronti, dinanzi al Tribunale di Salerno, da *********, ex art. 2932 cc, per ottenere sentenza produttiva degli effetti del contratto preliminare di compravendita di un immobile stipulato inter partes, nel quale ella si è costituita spiegando domanda riconvenzionale di risoluzione contrattuale.

La ricorrente ha dedotto che il giudizio – introdotto con citazione notificata il 21.2.97, alla data del 16.2.07 era ancora pendente ed ha chiesto, pertanto, la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento della somma di € 15.000 a titolo di risarcimento del danno morale subito a seguito dela violazione del principio di ragionevole durata dei procedimenti giudiziari.

Il Ministero della Giustizia si è costituito e, pur non contestando l’an della pretesa, ha chiesto la compensazione delle spese del procedimento.

Tanto premesso, questa Corte osserva:

Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza, la responsabilità dello Stato per l’eccessiva durata di un procedimento giudiziario può sussistere anche se non sia ravvisabile colpa nella gestione del procedimento stesso da parte del giudice al quale esso è stato affidato; infatti l’obbilgo assunto a livello internazionale dalla Repubblica Italiana con la sottoscrizione e ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, la cui violazione è oggi sanzionata nell’ambito del diritto interno dalla previsione dell’equa riparazione disciplinata dalla legge n. 89/2001, impegna lo Stato unitariamente considerato in tutti i suoi poteri ed in tutte le sue articolazioni strutturali, sicché tutti devono, nei limiti delle loro attribuzioni, concorrere all’adempimento di tale obbligo, con la conseguenza che lo Stato risponde  non solo per il comportamento negligente degli organi giudiziari, ma, più in generale, per il fatto di non aver provveduto ad organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocità la domanda di giustizia (V. sentenza 12.10.92, Boddeart c/ Belgio; id. 25.6.87, Baggetta c/ Italia); ciò del resto trova oggi diretto riscontro costituzionale nel testo novellato dell’art. 111 Cost. il quale dispone che la legge (e cioè l’ordinamento nel suo complesso considerato e non solo l’istituzione giudiziaria) assicura la ragionevole durata del processo.

Ciò premesso, risulta di solare evidenza che il tempo trascorso dall’inizio del procedimento presupposto, introdotto con citazione del 21.2.97 e tuttora pendente in primo grado, abbia dato luogo alla violazione del diritto costituzionalmente garantito della ricorrente alla ragionevole durata del processo.

L’art. 2 della legge n. 89/01 non fissa, per il vero, il periodo di tempo massimo superato il quale la durata del processo diventa irragionevole, ma demanda all’interprete l’onere di determinarlo, desumendolo, ai sensi del secondo comma della norma citata, dalla complessità del caso e dal comportamento del giudice e delle parti, nonché di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione.

In sostanza, al fine di tale determinazione, si dovranno valutare, nella fattispecie concreta, la natura delle questioni giuridiche trattate, il numero delle parti in causa, la quantità e la complessità degli scritti difensivi depositati in giudizio e delle prove da espletare, la necessità dei rinvii ai fini istruttori.

Nel caso di specie il giudizio, che ha ad oggetto due contrapposte domande, l’una volta a conseguire gli effetti di un contratto preliminare e l’altra ad ottenere la risoluzione del medesimo contratto, non appare di speciale complessità, in quanto richiede una valutazione in fatto in ordine all’imputabilità dell’inadempimento all’una o all’altra delle parti in causa.

Tenuto conto anche dei parametri che possono ricavarsi dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che tende a ritenere irricevibili i ricorsi concernenti procedimenti che abbiano avuto una durata inferiore a tre anni in primo grado (salvi i casi di procedimenti speciali o caratterizzati da particolari esigenze di celerità, in cui la soglia viene abbassata) e considerati i tempi tecnici necessari per i vari adempimenti processuali, si può giungere allora alla conclusione che per il processo di primo grado tale durata sarebbe stata ragionevole.

In processo ha invece avuto, sino al deposito del ricorso, una durata di dieci anni.

In proposito va peraltro osservato che, per quanto la CEDU, una volta superato il limite della ragionevolezza, consideri ai fini della liquidazione dell’indennizzo l’intera durata del procedimento, tanto non è consentito al giudice italiano, posto che l’art. 2, c. 3°, lett. a), della legge n. 89/2001, espressamente sancisce che, ai fini della liquidazione dell’indennizzo riconosciuto dal nostro diritto interno per l’eccessiva durata dei processi, rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Pertanto, finché il legislatore non riterrà di modificare tale dettato normativo (che non contrasta né con le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute [art. 10 Cost.] né con i principi fondamentali dell’ordinamento comunitario [art. 11 Cost.] né, infine, con la Convenzione, ma solo con un orientamento ermeneutico della Corte di Strasburgo, che non può prevalere su di una espressa disposizione di legge) i giudici italiani non potranno che attenervisi.
Dagli atti del processo, che la ricorrente ha integralmente allegato in fotocopia, non si evincono ritardi alla stessa imputabili. Il periodo eccedente, che va considerato ai fini dell’indennizzo dovuto alla ricorrente, risulta pertanto di 7 anni.

La ********* ha chiesto la liquidazione del solo danno morale, che, secondo i parametri di valutazione della CEDU, cui il giudice nazionale è tenuto ad adeguarsi, costituisce conseguenza ordinaria del prolungarsi del giudizio ordine i termini di ragionevole durata, sicché può essere escluso solo in quei casi in cui specifici elementi di fatto dimostrino che la durata del procedimento corrisponde all’interesse del ricorrente (Cass. ss. uu., 26.01.2004 n. 138).

Tale danno non può essere oggetto che di valutazione equitativa, nell’operare la quale occorre attnersi, in linea di massima, al metro di valutazione adottato dalla CEDU in casi analoghi, dal quale ci si può discostare solo in misura ragionevole (Cass. ss. uu., 26.1.2004 n. 1340).

Tenuto conto della rilevanza della materia del contendere, avente ad oggetto un bene immobile produttivo di reddito, e considerato che la ricorrente non ha più la disponibilità del bene e non ne ha neppure ricevuto il pagamento, appare equo liquidare per tale titolo la somma di € 10.500 al valore attuale della moneta, in ragione di € 1500 per ogni anno di eccedenza della durata del procedimento rispetto a quella ragionevole. Su tale somma decorrono gli interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, nei minimi tariffari e tenuto conto dell’importo liquidato, in favore del difensore antistatario.

PQM

La Corte d’Appello di Napoli: condanna il Ministero della Giustizia a pagare ad ************ la somma di € 10.500 ciascuna oltre agli interessi legali dal 16.2.07 al saldo effettivo;

condanna il Ministero a pagare all’avv. *********** le spese del procedimento, liquidate …………

Napoli 4.4.08

Il Consigliere est.                                                    IL Presidente


martedì 15 novembre 2011

GIUDICE DI PACE DI SALERNO - SENTENZA - C.A.N. E C.A.D. SU ATTI ESENTI




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 Il Giudice di Pace di Salerno, dott.ssa Antonina Giordano
ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa civile recante il n. 2423/2011 promossa da

**********, rappr. e dif. dall’avv. Gennaro De Natale ed el.te dom.ta presso il suo studio in Salerno, via Ogliara n. 36, attrice

contro

Poste Italiane SpA, in persona del leg. rappr. pt rappr. e dif. dall’avv. ********** con cui el.te dom.; convenuta

Oggetto: Restituzione indebito

Conclusioni delle parti: come in atti.

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE.

Con atto di citazione notificato in data 16/01/2011, *********** conveniva in giudizio la SpA Poste Italiane in pers. del leg. rappr. pt, per sentirla condannare al pagamento della somma di euro 2,80, olter interessi e rivalutazione monetaria; tale importo costituiva la tassa pagata dall’istante alla convenuta per poter ritirare la cartolina di avvenuta notifica (C.A.N.) relativa ad un atto giudiziario esente.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva la convenuta Poste Italiane SpA eccependo preliminarmente la nullità dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 163 e ss. cpc. Nel merito deduceva l’infondatezza della domanda in fatto ed in diritto,  chiedendone il rigetto.

In particolare sosteneva che l’operato delle Poste era stato conforme a quanto disposto dalle disposizioni legislative che impongono l’emissione della CAN qualora la notifica di un atto giudiziario non avvenga nelle mani del destinatario.

Sulla base della documentazione n atti, precisate le conclusioni, la causa veniva assegnata a sentenza.

Va disattesa l’eccezione di nullità dell’atto di citazione per violazione dell’art. 163 cpc.

La domanda, nel giudizio innanzi al Giudice di Pace, deve contenere i requisiti indicati nell’art. 318 cpc (l’indicazione del giudice e delle parti, l’esposizione dei fatti e l’indicazione dell’oggetto).

Nel procedimento innanzi al Giudice di Pace il contenuto dell’atto di citazione è dunque disciplinato dall’art. 18 cpc e non trova applicazione l’art. 163 cpc.

Nel caso in esame, l’atto introduttivo contiene tutti gli elementi tipici previsti per legge, per cui l’eccezione di nullità va rigettata.

Nel merito la domanda è fondata e va accolta.

La richiesta all’istante da parte delle Poste SpA di far pagare la Comunicazione di Avvenuta Notifica (CAN) è assolutamente illegittima per violazione della L. 890/02 e successive modifiche.

La legge 890/02, infatti, all’art. 8, comma 7, espressamente prevede che i costi derivanti dalla spedizione della raccomandata e del relativo avviso di ricevimento di cui al secondo comma dell’art. 8 L. 20/11/1982  n. 890 e successive modificazioni, sono posti a carico del mittente indicato nell’avviso di ricevimento stesso, secondo le previsioni tariffarie vigenti, fatti salvi i casi di esenzione delle spese di notifica previsti dalle leggi vigenti.

La Circolare delle Poste Italiane SpA del 22/06/1999, prot. n. 16780 stabilisce poi che per gli atti esenti l’avviso inerente alla seconda raccomandata dovrà comunque essere restituito alla parte che ha richiesto la notifica, ma le spese di tale invio devono essere sempre poste a carico dell’Erario, con addebito sul conto di pagamento differito intestato all’Ufficio NEP che ha provveduto all’inoltro della prima raccomandata: insomma è fatto divieto di addebitare al destinatario con il sistema della tassa a carico, le spese dell’invio della seconda raccomandata.

La Circolare delle Poste Italiane SpA del 22/06/1999, prot. n. 16780, poi, chiarisce la procedura ed infatti stabilisce che tutti gli uffici NEP provvedono ad apporre sulle buste verdi, contenenti gli atti esenti, un timbro recante la dicitura atto esente di modo che l’operatore postale che accetterà la raccomandata comunicazione di avvenuto deposito predisposta dal portalettere per gli atti non potuti recapitare, non tasserà l’avviso di ricevimento, ma anzi provvederà a farne copia che tasserà con segnatasse o in pronta Hasler per l’importo dovuto e trasmetterà con MOD77 all’Ufficio Postale che ha accettato l’atto originario per l’addebito delle relative tasse sul conto differito intestato all’Ufficio NEP mittente.

Il comma 2 quater dell’art. 36 della L. 28/02/08 n. 31 che ha convertito con modifiche il decreto legge 31/10/07 n. 248 (così detto decreto mille proroghe) ha aggiunto dopo il comma 5 dell’art. 7 della L. 28/11/1982 il seguente Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di raccomandata (cd. C.A.N.) ed ha abrogato i commi 3 e 4 del predetto art. 7.

Anche questo secondo tipo di raccomandata per evidente analogia segue la disciplina dettata per la C.A.D. per cui deve andare esente per le spese di notifica.

L’applicazione analogica dell’art. 8, comma 7, L. 890/82 (che prevede la non addebitabilità al mittente della CAD per gli atti esenti) alla C.A.N. è consentita dal fatto che le due situazioni sono simili tra loro (in quanto entrambe le comunicazioni sono effettuate  nell’ambito di procedure notificatorie di atti esenti non recapitati personalmente al destinatario) e dal fatto che la prima norma non ha carattere eccezionale.

Al C.A.N. per analogia si applicano le stesse norme previste per il  C.A.D. in quanto il principio regolatore della materia è quello della non addebitabilità al mittente di qualsiasi spesa di notifica, sia per la prima  che per la seconda raccomandata, come si evince dal fatto che l’esenzione da tali spese si estende, per le ipotesi in cui l’atto non possa essere recapitato personalmente al destinatario o alle altre persone previste dalla legge, anche ai costi della comunicazione al destinatario di avvenuto deposito (C.A.D.), rendendo evidente l’intento del legislatore di sollevare il mittente da qualunque spesa di notifica, quando l’atto ne è esente per legge.

Nel caso che ci occupa, l’attrice ha dato prova di aver versato la somma di euro 2,80 per il pagamento della C.A.N. alle Poste Italiane SpA per ritirare l’avviso di ricevimento relativo all’atto giudiziario esente n. *****/AGP, somma che pertanto, per le considerazioni sopra esposte, le viene riconosciuta.

Su tale importo vanno corrisposti gli interessi legali dalla domanda al soddisfo.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

Il Giudice di Pace di Salerno definitivamente pronunciando  sulla domanda proposta da ******** con atto di citazione notificato in data 16/01/2011 nei confronti delle Poste Italiane SpA, in pers. del leg. rappr. pt, ogni diversa domanda, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

a) accoglie la domanda e per l’effetto condanna la convenuta Poste Italiane SpA in pers. del leg. rappr. pt, al pagamento in favore dell’attrice della somma di euro 2,80 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo;

b)condanna la convenuta Poste Italiane SpA, in pers. del leg. rappr. pt, al pagamento delle spese processuali, che liquida in …………. oltre rimborso forfetario spese generali, CNA ed IVA come per legge, con attribuzione al procuratore antistatario;

c) la presente sentenza è esecutiva ex lege.

Così deciso in Salerno, lì 30/09/2011

Il Giudice di Pace
dott.ssa Antonina Giordano



          

lunedì 14 novembre 2011

CREDITI CONDOMINIALI E COMPENSAZIONE




Nel mio condominio sono stati eseguiti lavori di manutenzione straordinaria, e la mia posizione contabile risulta a credito. Posso compensare questo mio credito con le quote dovute per le rate condominiali relative alla gestione ordinaria?


Per rispondere alla domanda è necessario fare alcune precisazioni sull’istituto della compensazione, secondo la quale, quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti (art. 1241 cc) quando sono liquidi ed esigibili (art. 1243 cc).


E’ necessario, quindi, verificare se i due debiti presentino queste caratteristiche.


Il credito è liquido quando è determinato nel suo ammontare; è esigibile quando non è sottoposto a termine o a condizione, ossia quando è venuto a scadenza e può essere legittimamente riscosso dal creditore.


Pertanto, il credito che il condominio vanta nei confronti dei singoli condomini, relativo alle spese ordinarie o straordinarie, diviene liquido quando l’assemblea approva sia il loro ammontare che il piano di riparto: in tal modo, i condomini possono conoscere con esattezza l’importo da essi dovuto. Il credito diviene, invece, esigibile quando è scaduto il termine fissato per il pagamento.


Il credito dei condomini nei confronti del condominio nasce quando l’assemblea approva il rendiconto annuale di gestione ordinaria, oppure il rendiconto finale delle spese straordinarie con relativo piano di riparto: in tali casi, risultano definitivamente cristallizzate le situazioni di credito o debito dei singoli condomini, e solo da questo momento il credito (dei condomini verso il condominio) diventa liquido ed esigibile.


A questo punto, i diversi crediti possono essere tranquillamente compensati.



          

giovedì 10 novembre 2011

NOTE SULLA DICHIARAZIONE DI INTERRUZIONE DEL PROCESSO



GIUDICE DI PACE DI SALERNO

Note autorizzate

Per: ***************, rapp.to e difeso dall’avv. Gennaro De Natale.

Contro: ********* SpA.

All’udienza del 7/11/2011, l’On.le Giudicante, in seguito alla dichiarazione del sottoscritto difensore, concernente il mutamento del rappresentante legale della ***********, concedeva termine per note in relazione alla ammissibilità, nel caso di specie, della dichiarazione di interruzione del processo.

Orbene, il fenomeno dell’interruzione consiste nell’arresto dell’iter processuale a causa di un determinato evento relativo ad una modificazione delle situazioni delle parti.

Gli eventi che danno luogo all’interruzione sono fatti che compromettono l’effettività del contraddittorio.

Funzione dell’istituto, dunque, è quella di evitare che la cessazione o l’alterazione dell’effettività del contraddittorio, conseguente ad uno dei suddetti eventi, ostacoli la effettiva e concreta possibilità di una delle parti di agire nel processo a proprio favore e di svolgere, volendolo, attività difensiva: infatti, la parte che succede nel processo potrebbe anche non avere interesse a proseguirlo.

Per evitare questo turbamento dell’uguaglianza delle possibilità difensive delle parti a tutto danno di quella che subisce l’evento o del suo successore, la legge, attraverso l’istituto in esame, blocca il processo, congelandolo in una totale stasi  destinata a durare fino a quando, per iniziativa di parte, non sia ristabilita l’effettività del contraddittorio.

La legge ha opportunamente evitato di configurare la successione nel processo come un automatico inserimento del successore nel processo stesso, poiché ciò avrebbe pregiudicato quest’ultimo.

Il codice di procedura civile, infatti, stabilisce che Se … sopravviene la morte oppure la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale o la cessazione di tale rappresentanza, il processo è interrotto… (art. 299 cpc).  Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altre parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto … (art. 300 cpc).

Il principio per il quale il verificarsi di uno degli eventi previsti dall’art. 300 cpc produce l’interruzione del procedimento solo se il procuratore della parte cui si riferisce l’eventi interruttivo lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti (Cass. 21/12/1995 n. 13041).

Pertanto, la legge condiziona l’interruzione al fatto che il procuratore dichiari in udienza l’evento interruttivo; dal momento di tale dichiarazione il processo è interrotto e tale va dichiarato:  L’automatismo implicito nell’espressione della legge non esclude infatti che il giudice possa e debba dichiarare l’avvenuta interruzione. Il provvedimento del giudice, di mera natura dichiarativa, non è nemmeno necessario perché si verifichino gli effetti dell’interruzione, con la conseguente nullità degli atti eventualmente compiuti  in seguito, compresa la sentenza (Cass. 7/3/1990 n. 1807).

Se si tiene presente il modo col quale la legge struttura e disciplina l’istituto, facendo perno sull’ufficio del difensore, appare evidente come la legge, proprio su questo ufficio faccia assegnamento, non perché esso abbia a sostituirsi alla parte o ad assorbirne i poteri, ma semplicemente perché provveda, nei tempi e nei modi che riterrà opportuni, alla reintegrazione della parte e alla prosecuzione del processo (C. Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, 1995, II, pagg. 299 e ss.).

Secondo la Suprema Corte, inoltre, questo potere discrezionale del difensore concerne ogni tipo di evento interruttivo (Cfr. Cass. 1/6/1989 n. 2670; Cass. 21/9/1988 n. 5181; Cass. 27/1/1984 n. 632).

Tanto premesso, l’istante, come in atti rapp.to, difeso e dom.to, chiede dichiararsi l’interruzione del presente giudizio.

Avv. Gennaro De Natale




mercoledì 9 novembre 2011

INIZIO DEL PROCESSO PENALE AI FINI DELLA VALUTAZIONE DELLA ECCESSIVA DURATA DELLO STESSO.




In materia di equa riparazione, ai fini del calcolo della eccessiva lunghezza del processo penale bisogna tener conto anche della fase delle indagini preliminari, ma non a partire dal momento dell’iscrizione della notitia criminis nel registro  di cui all’art. 335 cpp, bensì dal momento in cui l’indagato viene formalmente informato della pendenza delle indagini a suo carico.


Infatti, fino a quando l’apertura del procedimento e lo svolgimento delle indagini preliminari rimangano effettivamente segrete non può parlarsi di pendenza del processo, trattandosi di fase assolutamente inidonea ad incidere sulla psiche o sul patrimonio dell’interessato; è pertanto da escludere che la semplice iscrizione della “notitia criminis” nell’apposito registro di cui all’art. 335 cpp, con il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito, valga a segnare, in difetto di conoscenza da parte dell’indagato, l’inizio del processo ai fini del computo della ragionevole durata di esso ai sensi della L. 24 marzo 2001 n. 89  (Cass. 6/02/2003 n. 1740).


Occorre tener conto, invece, anche della fase delle indagini preliminari, ai fini del computo della eccessiva lunghezza del processo penale, quando il querelato o il denunziato abbia avuto conoscenza dell’atto del processo che lo identifichi come accusato, ossia dal momento in cui l’indagato viene formalmente informato della pendenza delle indagini a suo carico (Cass. 30/01/2003 n. 1405), ovvero quando l’imputato sia venuto a conoscenza della sua iscrizione, quale indagato, nel registro delle notizie di reato, dal decreto di nomina del difensore, che funge da avviso di garanzia (Cfr. Cass.  15/9/2005 n. 18266).

domenica 6 novembre 2011

GIUDICE DI PACE DI SALERNO - DIRITTO ALLA SALUTE




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

SENTENZA

Il Giudice di Pace della 1° sezione civile di Salerno, Dott.ssa Sessa De Prisco Antonietta, ha pronunziato la seguente sentenza nella causa civile iscritta al n. *****/2009 del ruolo degli affari contenziosi dell’anno 2009 avente per

Oggetto

Risarcimento danni

TRA

*********, rapp.to e difeso dall’avv.to Gennaro De Natale con studio in Salerno Via Ogliara, 36, Attore

E

**************** Azienda Ospedaliera *************, rapp.ta e difesa dall’avv.to *************, convenuta

E ASL*****, convenuta.

CONCLUSIONI DELLE PARTI: come da verbale del 10/12/2009.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, il sig. *********** conveniva in giudizio le convenute onde sentirle condannare al risarcimento della somma di euro 1.032,00 per il trattamento ricevuto in seguito ad un suo ricovero presso l’ospedale.

Assumeva che: è affetto da gravi patologie, tanto che è titolare di trattamento di invalidità e che utilizza pannoloni in quanto incapace di utilizzare i servizi igienici;

che in data 10/07/2008 si rese necessario il suo ricovero in ospedale a causa di uno scompenso cardiaco in quanto affetto da bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO IV grado severo) e da cardiopatia ischemica cronica;

che durante il tempo trascorso dall’arrivo al pronto soccorso al ricovero (ben 7 ore) egli fu adagiato su una barella sotto un condizionatore che emanava aria fredda e con un pannolone sporco di urine e di feci; che tale situazione era dovuta al fatto che il personale del pronto soccorso non consentì che i familiari lo pulissero, nè vi provvidero loro.

Tutto ciò premesso, il sig. ******** chiedeva la condanna al risarcimento dei danni da parte delle convenute in solido tra loro ritenendo di aver subito un trattamento degradante e lesivo della sua dignità sia di uomo che di malato, diritti costituzionalmente garantiti e tutelati anche dalle convenzioni europee.

Alla udienza citata, gli enti convenuti nel costituirsi in giudizio, ritenevano la infondatezza della domanda ed in particolare l’ASL** riteneva la sua carenza di legittimazione passiva e l’estromissione dal giudizio; l’Ospedale ******** invece assumeva che l’attore era stato ricevuto in pronto soccorso con codice verde e quindi paziente non grave; che in seguito alle varie indagini era stato ricoverato. Metteva, altresì, in dubbio il fatto storico, sostenendo che forse l’attore era giunto in ospedale in condizioni igieniche già precarie. Veniva ammessa ed espletata la prova testimoniale richiesta e poi sulla base degli atti la causa veniva rinviata per conclusioni e discussione e precisate le stesse, riservata a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è fondata e merita accoglimento perché giuridicamente fondata e provata dalla documentazione allegata agli atti, nonché dall’espletamento dei mezzi istruttori.

L’assunto dedotto in atto di citazione oltre che documentalmente provato viene confermato dai due testi escussi, i quali con dovizia di particolari e in una sequenza puntuale hanno spiegato i fatti così come narrato nell’atto di citazione.

Dalla documentazione sanitaria agli atti si evincono le gravi patologie  di cui è affetto l’attore, quali ipertensione arteriosa, aritmia ventricolare, vascolopatia cerebrale cronica; BPCO enfisematosa con severo deficit ventilatorio tanto che nel febbraio 2008 fu ritenuto invalido con indennità di accompagnamento perché: incapace di attendere alle proprie occupazioni quotidiane in quanto affetto da insufficienza respiratoria che provoca facile insorgenza di dispnea in seguito a sforzi di modesta entità e anche per i piccoli spostamenti è necessario l’utilizzo di ossigeno, che il ricorrente non è in grado di trasportare, da incontinenza urinaria, utilizza pannoloni per cui necessita di un’attenta igiene personale per evitare l’insorgenza di infezioni o piaghe da decubito. Si ritiene, dunque che non è in grado di attendere autonomamente alle quotidiane attività della vita.

Queste le conclusioni a cui giunse il medico legale in seguito ad istanza proposta dall’istante.

Rispetto a tale situazione non vi è chi non veda che l’aver classificato l’attore al momento dell’arrivo in ospedale con il codice verde fu quanto meno azzardato!!!!!

Sulle condizioni in cui fu tenuto durante il pronto soccorso e fino al ricovero i due testimoni escussi hanno confermato che: il sig. ******** rimase adagiato sul lettino della stanza di pronto soccorso con un pannolone sporco di urine e di feci e nonostante le ripetute sollecitazioni dei familiari presenti, e nonostante questi si fossero offerti di provvedere essi stessi al cambio del pannolone, il personale non vi provvide e l’attore fu poi cambiato dalle figlie solamente quando fu trasferito in reparto, ma ciò avvenne dopo circa 7 ore.

I tempi narrati coincidono e si possono evincere leggendo sia il referto di pronto soccorso che la cartella clinica. Ed infatti nel referto si indica quale ora di entrata le 09,58 mentre nella cartella clinica si indica quale ora del ricovero le 17,04.

Così come risulta confermata la circostanza che l’attore fu adagiato in una stanza dove vi era il condizionatore che emanava aria fredda a temperatura bassa; che il malato che era febbricitante si lamentava perché aveva freddo e che solamente dietro ripetute sollecitazioni dei familiari l’infermiere provvide a dargli un telo di alluminio per coprirsi.

La difesa dell’attore ha altresì richiesto l’interrogatorio formale del rappresentante legale dell’ospedale ma egli non si è presentato per renderlo, per cui la sottoscritta anche da tale comportamento può trarre elementi di valutazione che contribuiscono ad arricchire la prova ai sensi e per gli effetti dell’art. 232 cpc.

Nel caso che ci occupa, l’azienda ospedaliera *********** non ha neanche provato a difendersi perché anche se richiesta la prova testimoniale in comparsa di costituzione e risposta ed indicati ben quattro testimoni, si è poi ben guardato dal reiterare tale richiesta durante la fase di ammissione.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto e documentato, risulta evidente che l’attore, come mostrano gli atti istruttori, ha deficit fisici ma non psichici, ed è stato trattato in modo indegno e contrario ai principi sia etici che morali e con grave violazione del diritto alla salute in senso ampio e del diritto alla dignità umana, all’immagine, all’onore e alla reputazione, tutti diritti costituzionalmente garantiti da norme immediatamente precettive ((Cfr. Cass 10/05/2005 n. 9801 e Cass. SS. UU. 21/03/2006 n. 6218).

IL sig. ********* ha subito un trattamento che viola anche l’art. 3 della Convenzione della salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali ratificata con legge 04/08/1955 n. 848 perché secondo tale organismo costituisce trattamento degradante quel trattamento che sia suscettibile di causare un’umiliazione o un avvilimento di una certa gravità (CEDU 25/02/1982 n. 48).

SI legga la prova per testi…..: Mio padre non ha handicap psichici ed è lucido mentalmente per cui mi rappresentava tutto il suo disagio in quanto dopo aver fatto i suoi bisogni si sentiva il cattivo odore nel pronto soccorso e mi sollecitava di cambiarlo…; preciso che egli sentiva fastidio e bruciore per il fatto di aver tenuto il pannolone sporco per molte ore…. Mio suocero ad un certo punto cominciò a chiedere con insistenza sia al personale sanitario che ai familiari il cambio del pannolone, in quanto affetto da incontinenza urinaria e fecale …. Suocero si lamentava per il disagio arrecato dal pannolone sporco.

Quanto alla responsabilità, l’azienda ospedaliera incorre in responsabilità ex art. 2049 cc per il fatto commesso dai suoi dipendenti …è configurabile la responsabilità contrattuale concorrente dei medici ospedalieri  e dell’ente presso il quale essi esercitano la propria attività … La responsabilità della struttura ospedaliera complessivamente intesa può essere dovuta anche ed esclusivamente alle colpose gravi carenze della struttura stessa (Trib. Milano e Monza).

E ancora, l’ente ospedaliero risponde direttamente della negligenza ed imperizia dei propri dipendenti nell’ambito delle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti del paziente (Cass. 04/03/2004 n. 4400). Pertanto, alla luce delle esposte motivazioni si riconosce il risarcimento del danno nella misura richiesta.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie la domanda e per l’effetto condanna l’Azienda Ospedaliera ****************** in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento della somma di euro 1.032,00 a titolo di risarcimento danni e ciò nei confronti dell’attore, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda al soddisfo ;

dispone la estromissione dal giudizio dell’ASL*** per carenza di legittimazione passiva;

condanna, altresì, l’azienda Ospedaliera in persona del legale rapp.te pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessive euro………………in favore dell’avv. Gennaro De Natale dichiaratosi antistatario, oltre spese forfettarie, nonché IVA e CAP come per legge;

compensa tra le altre parti le spese di giudizio;

dichiara la presente sentenza esecutiva come per legge.

Salerno lì 03/05/2010

Dott.ssa Antonietta Sessa De Prisco