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martedì 24 gennaio 2012

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI - EQUA RIPARAZIONE - DECRETO N. 2501/2008 V.G.




LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

TERZA SEZIONE CIVILE

riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

1) dott. Mario Lepre                           Presidente
2) dott. Michele Piantadosi                  Consigliere
3) dott. Maria Teresa Mondo              Consigliere rel.

ha pronunziato il seguente

D E C R E T O

nel procedimento camerale n. 2501/2008 R.G. avente ad oggetto Equa Riparazione ex legge n. 89/2001 discusso all’udienza del 4-3-2008 ad istanza di ************** rappresentato e difeso dagli avv.ti Gennaro De Natale ************ presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in Salerno,

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso  cui domicilia ope legis in Napoli, via Diaz n. 11;

sciolta la riserva formulata all’udienza camerale del 4-3-2009, rileva

in fatto

Il ricorrente si duole dell’eccessiva durata del procedimento civile introdotto nei suoi confronti innanzi al Tribunale di Salerno con citazione notificata il 30/10/95 nei confronti della *********** per ottenere il risarcimento del danno subito per imperizia e negligenza del personale ************.

Deduce in proposito che il procedimento è stato deciso solo con sentenza del 23-10-2006 e chiede la liquidazione dell’equa riparazione prevista dalla legge 24.3.2001 n. 89 per la violazione del principio di ragionevole durata dei procedimenti giudiziari fissato dall’art. 6, § 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ratificata con legge 4.8.55 n. 848;

il Ministero resistente si costituisce, contestando la domanda ed eccependo la prescrizione parziale del diritto; tanto premesso, osserva

in diritto

Giova premettere che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità dello Stato per l’eccessiva durata di un procedimento giudiziario può sussistere anche se non sia ravvisabile colpa nella gestione del procedimento stesso da parte del giudice al quale esso è stato affidato.

L’obbligo assunto a livello internazionale dalla Repubblica Italiana con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, la cui violazione è oggi sanzionata nell’ambito del diritto interno dalla previsione dell’equa riparazione disciplinata dalla legge n. 89/01, impegna, infatti, lo Stato unitariamente considerato in tutti i suoi poteri ed in tutte le sue articolazioni strutturali, sicché tutti devono, nei limiti delle loro attribuzioni, concorrere all’adempimento di tale obbligo (v. sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo 17.7.83, caso Zimmermann e Steiner c/ Svizzera; id. 26.10.88, Martius Moreira c/ Portogallo), con la conseguenza che lo Stato risponde non solo per il comportamento negligente degli organi giudiziari, ma più in generale per il fatto di non aver provveduto ad organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocità la domanda di giustizia(v. sentenza 12.10.92, Boddeart c/ Belgio; id. 25.6.87, Baggetta c/ Italia).

Quanto ora detto, d’altro canto, trova oggi diretto riscontro costituzionale nel testo novellato dell’art. 111 Cost., il quale dispone che la legge (e cioè l’ordinamento nel suo complesso considerato e non solo l’istituzione giudiziaria) assicura la ragionevole durata del processo.

Ciò premesso, è lecito ritenere, secondo dati di comune esperienza, che il ritardo nella definizione del processo possa determinare nelle parti interessate uno stato di disagio da attesa in ragione del significato della vicenda giudiziaria nella loro vita sociale: è infatti noto che la lunga attesa della definizione di un qualsiasi giudizio comporti stanchezza, sfiducia nella giustizia e, più in generale, nelle istituzioni, senso di impotenza e, quindi, in definitiva, uno stato d’animo negativo che, in quanto tale, è suscettibile di ristoro in termini di danno morale.

Di tale danno risponde l’amministrazione dello Stato, secondo quanto sancito dagli artt. 2 e 3 legge 89/01, ed al riguardo, in ragione della determinazione dell’indennizzo, torna opportuno premettere quanto segue.

La normativa interna, nel recepire il dettato dell’art. 6 C. 6 della Convenzione, non fissa, essa stessa, il lasso di tempo massimo superato il quale la durata del processo diviene irragionevole, ma demanda all’interprete l’onere di determinarlo desumendolo dalla complessità del caso e dal comportamento del giudice e delle parti, nonché di ogni altra autorità chiamata a contribuire alla sua definizione, valutando, in concreto, la natura delle questioni giuridiche proposte, il numero delle pari in causa, la quantità e complessità degli scritti difensivi depositati in giudizio e delle prove da espletare, la necessità, a fini istruttori, dei rinvii ed il lasso di tempo intercorso fra un rinvio e l’udienza successiva, le carenze di organico causative dell’eventuale congelamento dei ruoli, l’eventuale stasi determinata dagli scioperi degli avvocati, il tutto depurato dai ritardi attribuibili alla condotta dilatoria delle parti (Cass.  n. 2643/2003).

L’amministrazione resistente ha eccepito la prescrizione del diritto invocando l’applicabilità al caso in esame, del termine di prescrizione quinquennale.

Tale eccezione è infondata. Il diritto del cittadino ad un processo di ragionevole durata può essere fatto valere nel momento in cui, avendo la durata del procedimento oltrepassato il limite della ragionevole durata, la posizione soggettiva dell’interessato è stata lesa. Poiché si tratta di un diritto che matura giorno per giorno mentre si protrae il processo irragionevolmente lungo e sino a quando questo non venga definito (come è confermato dall’art. 4 della legge n. 89/2001, che consente all’interessato di presentare l’istanza di equa riparazione mentre il giudizio è ancora n corso), ci si trova in una situazione analoga a quella dell’illecito permanente, per il quale la prescrizione comincia a decorrere per ciascuna frazione del risarcimento dal giorno in cui il relativo nocumento si è verificato (ex plurimis Cass. n. 5831/07). Il termine di prescrizione applicabile al caso in esame è, quindi, quello ordinario decennale non trattandosi di un’obbligazione ex delicto cui si a applicabile l’art. 2947 c.c., ma di un’obbligazione ex lege che sorge per il fatto oggettivo dell’eccessiva durata del processo e non già per il comportamento colposo o doloso degli organi giudiziari (Cass. 22/10/2002 n. 14885). Nel caso in esame, applicandosi la prescrizione decennale, non risulta decorso nemmeno parzialmente il termine di prescrizione.

Nel determinare il quantum, deve considerarsi che la Cote europea ha individuato nell’importo compreso fra euro 1.00 ed euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo in parola, e che per il giudice nazionale, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, è vincolante il terzo comma, lettera a), dell’art. 2 legge 89/01, per cui è influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole (Cass. 8568/2005).

Tutto ciò premesso, tenuto conto del ritardo considerato (il giudizio è durato dal 30-10-95 data di notifica della citazione, al 23/10/2006, data di pubblicazione della sentenza, con un ritardo “irragionevole” di circa anni nove e mesi cinque), tenuto conto dei parametri che è possibile ricavare dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, avuto riguardo  a tutti gli elementi di valutazione emergenti dalle connotazioni oggettive e soggettive, proprie del caso di specie, tra cui meritano rilievo particolare il comportamento delle parti e l’oggetto della causa, si ritiene di liquidare equitativamente la somma di € 9.420,00, determinata ai valori odierni, con conseguente esclusione di rivalutazione monetaria ed interessi pregressi.

Attesa la natura della lite ed il parziale accoglimento della domanda è opportuno compensare per metà le spese di lite, ponendo l’ulteriore metà a carico del Ministero resistente nella misura di cui al dispositivo.

p. q. m.

1) condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di ********* a titolo di equa riparazione per l’eccessiva durata del processo di cui in premessa, di € 9.416,00 oltre interessi in misura legale dalla pubblicazione del presente decreto al saldo;

2) compensa per metà le spese di lite e condanna il Ministero della Giustizia, come sopra rappresentato, al pagamento della restante metà che liquida in ………….. con attribuzione in favore agli avv.ti ********** e Gennaro De Natale, anticipatari.

Così deciso in Napoli il 25-3-2009.

Il Consigliere est.                    
Il Presidente

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