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mercoledì 30 gennaio 2013

MODELLO CITAZIONE PER DENUNCIA VIZI AUTO USATA




UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI SALERNO

ATTO DI CITAZIONE

La Sig.ra ************* nata in Salerno  il ************ e  residente in Salerno alla Via ************ cod. fisc: ************** elettivamente domiciliata  in Salerno (SA) alla Via __________ presso lo Studio dell’avv. Gennaro De Natale dalla quale è rappresentata e difesa , giusta mandato a margine del presente atto e che dichiara ex art. 170 c.p.c. di volere ricevere gli atti e i provvedimenti emessi nel corso della presente procedura al seguente numero di fax 089/______, PEC: _____________ oltre che nelle forme prescritte dalla legge;

PREMESSO

- che l’istante in data 21.03.2011 acquistava dal Centro Rivendita ***************” di ************ l’autovettura ALFA ROMEO 156 JTD tg: ***********;

- che a distanza di pochi mesi dall’acquisto l’autovettura suindicata presentava dei vizi occulti all’atto di vendita che ha costretto l’attrice a delle riparazioni relative all’impianto di aria condizionata, alle candelette e ai pneumatici anteriori ovalizzati;

- che in data 18.07.2011 l’attrice per il tramite del proprio legale inviava con lettera raccomandata a .r  alla ************* ” messa in mora al fine di avere la restituzione della somma di danaro quale esborso per le riparazioni effettuate;

- che in data 01.09.2011 veniva inoltrata alla **************” altra raccomandata a.r.  con la quale nel comunicare un errata corrige relativa alla data di acquisto dell’autovettura de qua, si sollecitava il summenzionato Centro Rivendite Auto ad un componimento bonario della vertenza;

CONSIDERATO

- che alle lettere raccomandate a.r. del 18 luglio e del 01 settembre 2011 nessuna risposta è stata data dal Centro Rivendite Auto ******************;

- che pertanto non si è addivenuti ad una definizione transattiva della questione de quo;

Tanto premesso e  considerato

CITA

*************** con sede legale in Salerno,  alla Via ************ a comparire innanzi all'Ufficio del Giudice di Pace di Salerno , nella nota sede e Giudice designandi , per l’udienza  che ivi sarà tenuta  il giorno **************, ore di rito, con  invito  per  i  convenuti  a  costituirsi nei modi e termini come per legge, avvertendola che, in difetto, si procederà in sua contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti

                                                 CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Sig. Giudice adito, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa:

1.accertare e dichiarare la responsabilità del venditore nella vendita dell’autovettura di cui in causa affetta da vizi occulti che hanno cagionato all’attrice acquirente della summenzionata autovettura un esborso di danaro in conseguenza dei summenzionati vizi;

2. Condannare il convenuto al pagamento  della somma di euro _________ quale esborso di danaro per la riparazione dell’autovettura di cui in  causa derivante da vizi occulti,così come da fatture esibite e depositate agli atti, oppure della maggiore o minore somma che l’Ill.mo Giudicante riterrà opportuno  secondo  le  risultanze   processuali  e  comunque  entro  i  limiti  di  competenza  del  Giudice  adito  oltre  interessi  legali  ed il maggiore danno  da  svalutazione  monetaria  dal  dì  dell’evento  al  dì dell’effettivo  soddisfo;

3. Con  vittoria  di  spese,  diritti  ed  onorari  del presente  giudizio  da  attribuirsi all’avvocato antistatario.

Con riserva di esperire ulteriori mezzi istruttori, all’atto della costituzione della controparte.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 9 Legge 488/1999 e successive modifiche ed integrazioni il sottoscritto avvocato dichiara che il valore del procedimento rientra   nella prima fascia  del  contributo  unificato  e  pertanto il contributo unificato dovuto è in  37,00 euro.

Si deposita e si offre in comunicazione:

1.Libretto di circolazione e foglio matricolare dell’autovettura attestante la legittimazione attiva;

2. Ricevuta acconto rilasciata dalla ********* all’acquirente datata 30.11.2010;

3.Modello di ricevuta temporanea rilasciata dalla ************* ;

4. Ricevuta fiscale dell’Officina “********* Auto” del 29.12.2010 attestante spese di riparazione sull’autovettura;                                                                                 
5. Fattura n.49/2001 del 27.06.2011 attestante spese di riparazione effettuate sull’ autovettura;
6. Lettera raccomandata a.r. del 18.07.2011;
7. Lettera raccomandata a.r. del 01.09.2011.

Salvis Juribus

Salerno, 30 novembre 2011  

                                                           Avv. Gennaro De Natale

martedì 15 gennaio 2013

GARANZIA AUTO USATA - COMPARSA CONCLUSIONALE



GIUDICE DI PACE DI SALERNO

COMPARSA CONCLUSIONALE


Per: ***********, con l’avv. Gennaro De Natale.

Contro: ********, con l’avv. *********.

La domanda è fondata e merita accoglimento.

Le eccezioni della convenuta sono tutte rigettabili secondo le seguenti argomentazioni.

 1  La dinamica dei fatti, così come prospettati da parte attrice, ha trovato riscontro nelle risultanze processuali e nella testimonianza dei testi, i quali hanno confermato che la denuncia dei vizi dell’auto è stata fatta nei termini di legge, secondo quanto si dirà in prosieguo.

Il quantum è stato provato mediante l’allegazione delle fatture comprovanti gli esborsi sostenuti dall’istante, peraltro non specificatamente contestati dalla convenuta: ciò comporta che, ai sensi dell’art. 115 cpc, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti … nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita.

Risulta palese, pertanto, la responsabilità esclusiva del titolare della concessionaria, non confutata da nessuna prova contraria.

 2  La fattispecie oggetto del presente giudizio è regolata, in primo luogo, dalla disciplina codicistica comune, e cioè dagli articoli da 1490 a 1495 cc, relativi alla garanzia per i vizi della cosa venduta.

L'art. 1494 cc, norma speciale rispetto a quella dall'art. 1218, secondo gli ordinari principi in materia di responsabilità contrattuale pone una presunzione di colpa a carico del venditore, la quale viene meno solo se lo stesso provi di avere ignorato incolpevolmente l'esistenza dei vizi, dovendosi aver riguardo alla diligenza impiegata nella verifica dei vizi stessi, con riguardo al tipo di attività esercitata, alla stregua del parametro di cui all'art. 1176 co. 2 cc, e tenuto anche conto degli usi invalsi nello specifico settore commerciale (Cass. 26 aprile 1991, n. 4564).

In ogni caso, la presunzione di colpevolezza a carico della convenuta non può essere superata così semplicemente, in quanto, trattandosi di vettura usata, una più approfondita revisione del mezzo doveva considerarsi rientrante nei doveri di diligenza del venditore, in misura più ampia che se si fosse trattato di vettura nuova (Trib. Pistoia, Sez. dist. di Pescia, sent. 16/4/2000).

 3  Inoltre, va presa in esame anche la normativa più recente, ossia il D. Lgs. n. 24 del 2/2/2002, attuazione della direttiva CE n. 44 del 1999 in materia di tutela dei consumatori, che ha introdotto nel codice civile gli artt. da 1519 bis a 1519 nonies, nella sezione relativa alla vendita di beni mobili.

Tale decreto ha come oggetto la disciplina della vendita dei beni di consumo, che si applica a quei contratti che siano stati conclusi tra un consumatore e un professionista.

La nuova normativa, pertanto, si applica anche agli acquisti effettuati presso i professionisti dell'auto:  infatti, l'art. 1519 bis, ultimo comma, cc, estende la nuova disciplina alla vendita di beni di consumo usati.

In base a tale normativa, il  venditore  ha  l’obbligo  di  consegnare  al  consumatore  beni  conformi  al contratto di vendita.

Nella fattispecie in esame, l’auto acquistata dalla Sig.ra ******* è priva del requisito della conformità a causa dei vizi e difetti di funzionamento descritti in atto di citazione, che hanno reso l’autoveicolo non rispondente a quanto concordato, descritto e garantito dal venditore al momento dell’acquisto, ai sensi dell’art. 1519 ter, 2° comma, cc.

Il decreto n. 24/2002 introduce una nozione uniforme di difetto di conformità. Essa ricomprende ogni specie di difetto del bene venduto, e cioè sia i vizi che le mancanze di qualità (essenziali o promesse), sia la totale difformità, come si presenta nelle ipotesi cosiddette di vendita di aliud pro alio.

Il suddetto decreto,  con tale disposizione, stabilisce una presunzione iuris tantum sulla nozione di conformità al contratto dei beni di consumo oggetto della vendita.

Occorre precisare, però,  che il concetto di non conformità ex D. Lgs. 24/2002 è molto più ampio rispetto a quello di vizio contemplato nella disciplina codicistica comune, nel senso che il venditore è responsabile nei confronti  del  consumatore  per  qualsiasi  difetto  di  conformità  del  bene esistente al momento della consegna.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, il bene non è conforme alla descrizione fatta dal venditore, nel senso che non possiede le qualità che questi ha presentato all’attrice al momento dell’acquisto, come è stato ampiamente provato in fase istruttoria.

Orbene, in caso di difetto di conformità, la nuova normativa riconosce al consumatore il diritto a richiedere, a sua scelta, la riparazione o la sostituzione del bene. 

Le riparazioni o le sostituzioni, senza spese in entrambi i casi, devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore  tenendo  conto  della  natura  del  bene  e  dello  scopo  per  il  quale  il consumatore ha acquistato il bene.

In  via  sussidiaria,  il  consumatore  può  chiedere,  sempre  a  sua  scelta,  una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. 

Nel caso in esame, la Sig.ra ******** trovandosi nella necessità di dover usare l’autoveicolo per far fronte alle esigenze di vita quotidiana, ha dovuto provvedere personalmente alle riparazioni e sostituzioni necessarie, a causa della inerzia del venditore, pur sollecitato più volte in tal senso, come provato con testimoni.

Inoltre, l’art. 1519 sexies cc prevede che salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità  che  si  manifestano  entro  6   mesi  dalla  consegna  del  bene  esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità.

Pertanto, per i difetti di conformità che si manifestano nei primi 6 mesi dalla consegna del bene, come nel caso in esame, il consumatore non è nemmeno tenuto a provare (come invece ha fatto parte attrice) che il difetto esisteva in nuce al momento della consegna, in quanto tale circostanza è data per presunta.

Spetta, eventualmente, al venditore dimostrare il contrario, e cioè che il prodotto non era difettoso al momento della consegna: tuttavia, quest’ultimo non ha nemmeno fornito tale prova contraria, né tantomeno ha contestato la  circostanza, limitandosi a fornire vaghe quanto inutili contestazioni di stile, prive di qualsiasi valore probatorio.

Tutt’altro impugnato, l’istante, come in atti rapp.ta, difesa e dom.ta,

c o n c l u d e

affinché l’Ill.mo Giudicante voglia così decidere:

1) Dichiarare la responsabilità della convenuta per i fatti descritti in narrativa, e per l’effetto, 

2) Condannare la convenuta al pagamento dei danni subiti dall’istante, come descritti in atto introduttivo, oltre interessi dal fatto, con vittoria di spese ed onorari di causa, con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario.

Salerno, 18 Dicembre 2012
avv. Gennaro De Natale


lunedì 7 gennaio 2013

RICORSO PER INDENNITA' DI ACCOMPAGNAMENTO



TRIBUNALE DI SALERNO

SEZIONE LAVORO

ISTANZA DI A.T.P. EX ART. 445 bis cpc

Per: Elena Pereira Perita Peraria, nata a Galapagos (SA) il 29/09/1828, residente in Salerno  alla via Pininfarina n. 35, cf: AAA MMM 28M65 G226U, rappresentata e difesa,  dall’avv. Gennaro De Natale, presso il cui studio elettivamente domicilia in virtù di mandato a margine del presente atto, il quale chiede che le comunicazioni ex artt. 136, 137 e 170 cpc vengano effettuate a mezzo posta elettronica all’indirizzo __________, ovvero a mezzo fax al numero __________;

c o n t r o

I.N.P.S. (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) in persona del Presidente pro tempore, dom.to per la carica presso la sede dell’Istituto in Roma, al Piazzale delle Nazioni EUR;

n o n c h é

I.N.P.S. (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) in persona del legale rappresentante pt, elettivamente domiciliato in (84123) Salerno, al Corso Garibaldi n. 38;

FATTO

L’istante, di anni 84, è affetta da: morbo di Parkinson, diverticoli del colon, arteriopatia obliterante arti inferiori edemi declivi, malattia di Alzheimer, ipertensione arteriosa essenziale, insufficienza respiratoria cronica, flebite e tromboflebite; morbo di Cooley, con necessità di emotrasfusioni, talassemia major; osteoporosi, insufficienza cerebrovascolare, così come espressamente riconosciuto in certificato medico rilasciato dal Dott. Pasquizio De Pasquale, in data 03/01/2012.

Le patologie da cui è affetta la ricorrente, tra l’altro espressamente riconosciute anche in occasione di ricoveri e visite specialistiche alle quali è stata sottoposta (V. copie cartelle cliniche e certificazioni mediche allegate), non le consentono di badare a se stessa, in quanto la stessa necessita di assistenza continua anche per il disbrigo dei più semplici atti quotidiani della vita.

L’istante, in data 06/02/2012, inoltrava domanda alla competente Commissione Sanitaria, ai fini della visita per l’accertamento dell’invalidità civile ex art. 1, legge n. 18 del 11/02/80 e successive modificazioni, intesa ad ottenere il riconoscimento della dichiarata infermità e la corresponsione della relativa indennità di accompagnamento.

A seguito di ricezione, in data 23/11/2012, del Verbale della Commissione Sanitaria relativo alla visita effettuata in data 23/02/2012 presso la commissione medica INPS, la ricorrente veniva riconosciuta invalida con totale e permanente inabilità lavorativa pari al 100% (art. 5 co. 7, D. lgs. 124/98), a far data dal 6/02/2012.

Avverso tale accertamento, la Sig.ra Elena Pereira Perita Peraria, sussistendo le condizioni per ottenere il diritto al 100% di invalidità, oltre indennità di accompagnamento ex art. 1, legge n. 18.02.80, a decorrere dal  primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la domanda, spettante in base alla gravità delle patologie riscontrate ed indicate nel certificato del 3/01/2012 rilasciato dal dott. Pasquizio, nonché in ulteriore documentazione medica allegata,

c h i e d e

che il Tribunale adito voglia

1) nominare un consulente tecnico d’ufficio onde disporre l'accertamento tecnico ex art. 445 bis cpc per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa dell'istante, relativa alla corresponsione dell'indennità di accompagnamento ai sensi delle Leggi n. 18/80, n. 508/88 e n. 509/88, oltre interessi e rivalutazione;

2) disporre con decreto la fissazione dell’udienza di comparizione e stabilire il termine per la notifica, con le forme e le modalità previste dall’art. 696-bis cpc;

3) omologare, in caso di esito positivo per la ricorrente, le risultanze probatorie contenute nella relazione del CTU;

4) condannare l’INPS, in persona del legale rappresentante pt, al pagamento delle spese e competenze del presente procedimento, con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario.

Poiché la presente controversia verte in materia di previdenza e assistenza obbligatorie (ex art. 37, 6 comma, DL n. 98 del 6 luglio 2011, convertito nella legge n. 111 del 5 luglio 2011), la ricorrente, avendo un reddito  inferiore ad € 31.884,48, non è tenuta al versamento del contributo unificato.

Si dichiara, inoltre, che il valore delle prestazioni dedotte in giudizio, ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 152 disp. att. cpc, così come aggiunto dal DL n. 98/2011, calcolato ai sensi dell'art. 13, comma 2, cpc è  indeterminato.

Si depositano, in copia, i seguenti documenti:

1) Verbale commissione ASL del 23/2/2012, notificato il 23/11/2012;
2) Verbale commissione ASL del 23/2/2010;
3) Documenti consegna sedia a rotelle;
4) Certificati visite neurologiche;
5) Certificato medico del dott. ********* del 3/1/2012;
6) Certificati dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona;
7) Cartella clinica del Presidio Ospedaliero __________________.

Salvis juribus
Salerno, 7 Dicembre 2012

venerdì 4 gennaio 2013

CORTE D'APPELLO DI NAPOLI - DECRETO N. 3154/12 RGVG



LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

Prima Sezione Civile

in persona del dott. Vito Frallicciardi

ha emesso il seguente

DECRETO

nel procedimento n. 3154/2012 RG di VG, avente ad oggetto la domanda di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89 (come modificato dall’art. 55, comma 1, lett. c del DL 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), proposta

da

*********, rappresentata e difesa dall’avv. Gennaro De Natale in forza di procura rilasciata a margine del ricorso e con lo stesso elettivamente domiciliata in Salerno, Via ______, che dichiara di volere ricevere comunicazioni e notificazioni al numero di fax __________ o all’indirizzo di posta certificata _____________;

ricorrente

nei confronti del

Ministero della Giustizia in persona del Ministro pt, domiciliato ex lege in Napoli, alla via Diaz 11, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato
resistente

- Letto il ricorso depositato in data 28 novembre 2012;

- esaminata la documentazione prodotta ed allegata nel fascicolo di parte, da cui risultano le seguenti circostanze di fatto, rilevanti ai fini della decisione: 

- 1) Giudizio presupposto: azione per violazione di distanze legali tra edifici proposta nei confronti della ricorrente  da ******* innanzi al Tribunale di Salerno;

- 1a) l’atto di citazione è stato notificato in data 2 aprile 1985;

- 1b) il giudizio è stato definito in secondo grado, con sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. ****/2011, pubblicata in data 28.2.2011 e divenuta irrevocabile per il vano decorso del termine per l’ulteriore gravame;

- 1c) il giudizio si è svolto in due gradi ed ha avuto, pertanto, la durata complessiva di circa 26 anni, senza subire interruzioni e/o sospensioni;

- 1d) non ricorre alcuna delle ipotesi di cui all’art. 2, comma 2 quinquies.

- 2) Il procedimento

- 2a) sussiste la competenza di questa Corte, giusta il combinato disposto degli artt. 3 L. n. 89/2001 e 11 cpp, in considerazione del fatto che il giudizio presupposto si è concluso nel distretto di Salerno;

- 2b) sussiste la legittimazione del Ministero della Giustizia, essendo stato il giudizio presupposto trattato dal giudice ordinario;
- 2c) la domanda è stata proposta nel rispetto del termine di sei mesi dacché la decisione che ha concluso il procedimento presupposto è divenuta definitiva in data 14 aprile 2012. E’, pertanto, proponibile;

- 3) Il merito.

- 3a) Il giudizio presupposto ebbe per oggetto la violazione delle distanze legali e non si rivelò particolarmente complesso. Da cui, considerati anche gli altri parametri indicati nel novellato art. 2 (in particolare la condotta processuale della ricorrente che ha ripetutamente assecondato le avverse istanze di rinvio, quando addirittura non se ne è fatta promotrice in primo grado e pur a voler considerare che l’intervallo temporale tra i rinvii concessi è andato ben al di là del termine minimo previsto dal codice) avrebbe potuto e dovuto concludersi entro l’aprile  dell’anno 1992 (di cui anni cinque, secondo il disposto dell’art. 2 bis) con la conseguenza che la sua durata deve ritenersi eccedente quella ragionevole nella misura di anni 9 circa.

- 3b) in considerazione del presumibile patema d’animo, che l’eccessiva durata della controversia può avere causato alla parte ricorrente, anche in relazione alla posta in gioco ed alla qualità soggettiva del ricorrente e valutati i criteri direttivi indicati dall’art. 2 bis, appare congruo liquidare all’istante, a titolo di equa riparazione dei danni non patrimoniali sofferti in conseguenza dell’irragionevole durata del giudizio, l’importo di euro 7.000,00 oltre interessi dalla domanda.


- 4) Le spese del procedimento.

Ai fini della regolamentazione delle spese il procedimento va considerato  di natura contenziosa. Epperò, le spese devono seguire la soccombenza e devono essere liquidate alla stregua del valore della controversia, in relazione alla fase di studio ed alla fase introduttiva, con la riduzione di cui all’art. 9 del d.m. n. 140 del 2012;

ingiunge

al Ministero della Giustizia di pagare senza dilazione alla ricorrente la somma di euro 7.000,00 per il titolo di cui in premessa, oltre interessi con decorrenza dalla domanda, IVA e CPA come per legge, nonché al rimborso delle spese del procedimento che, in mancanza della relativa nota specifica, liquida di ufficio in euro 38,40 per esborsi ed euro 900 per onorario di avvocato, con distrazione in favore del difensore che ne ha fatto richiesta, autorizza, in mancanza, la provvisoria esecuzione del decreto.

Napoli, 13 dicembre 2012
Il presidente


giovedì 3 gennaio 2013

RICORSO EX LEGGE PINTO POST RIFORMA 2012


CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

Ricorso ex art. 3 L. 89/2001

La Sig.ra ********** nata a ********** il ***********, e residente alla via San Pasquizio di Mirandola n. 64, codice fiscale ************ , rappresentata e difesa dall’avv. Gennaro De Natale, presso il cui studio elettivamente domicilia in Salerno, alla Via Ogliara n. 36, in virtù di mandato a margine del presente atto, il quale ultimo dichiara  di  voler  ricevere  le  comunicazioni  e  notificazioni  del procedimento al n. di fax 089/________ o all’indirizzo di posta certificata __________,

C O N T R O

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, domiciliato ex lege in Napoli (80134) alla via Armando Diaz n. 11 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli.

La  ricorrente, a mezzo del sottoscritto procuratore e difensore, chiede il risarcimento dei danni morali subiti per la durata del processo instaurato innanzi al Tribunale di Salerno, iscritto al n. RG ****, definito in I grado con sentenza n. ***, ed in II grado con sentenza n. ****** della Corte d’Appello di Salerno.

FATTO

  Con atto di citazione notificato in data *******, il Sig. ********, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Salerno,  ****** per sentirle condannare in via solidale alla demolizione della costruzione eretta in Salerno, loc. *************, in presunta violazione delle distanze legali prescritte dal regolamento edilizio del Comune di Salerno in zona agricola, con condanna al risarcimento dei danni. Si costituivano ritualmente le convenute, le quali impugnavano l’atto introduttivo contestando integralmente le argomentazioni avverse e le violazioni loro addebitate, adducendo il rispetto dei vincoli di legge e chiedendo, pertanto, il rigetto della domanda attorea. Il giudizio veniva definito in I grado con sentenza n. ***/05, ed in II grado con sentenza n. ***/2011 della Corte d’Appello di Salerno.

D I R I T T O

 1  Violazione del termine ragionevole di durata del procedimento e responsabilità del Ministero della Giustizia.
Ai sensi dell’art. 2, comma 2-bis, L. 89/01, la durata del suddetto processo civile, incardinato nel mese di aprile 1985 e definito solo dopo 26 anni dal suo inizio, è abnorme ed irragionevole. La ricorrente, pertanto, ha diritto ad ottenere l’equa riparazione dei danni subiti, in quanto la durata del suddetto processo non trova giustificazione né nella complessità della vertenza né nella condotta delle parti.

Vi è una responsabilità di tipo oggettivo del Ministero resistente, il quale ha violato il termine ragionevole di durata del procedimento in esame. Per attribuire tale forma di responsabilità al Ministero, non occorre provarne la colpa ex art. 2043 cc, ma è sufficiente provare il dato oggettivo del tempo in eccesso trascorso dall’inizio del procedimento.

Il presupposto della responsabilità del Ministero della Giustizia risiede nella violazione del termine di durata del procedimento, indicato nell’art. 2, comma 2-bis, L. 89/2001. Tuttavia, il temperamento attingibile dai suddetti criteri non giustifica una radicale sterilizzazione del dato temporale. Infatti, anche le cause complesse e quelle in cui le parti abbiano tenuto un comportamento defatigatorio soggiacciono alla norma che ne impone la definizione in un tempo ragionevole, in quanto, secondo un principio enunciato dalle Sezioni Unite, il giudice deve fare fronte alla complessità del caso con un più risoluto ed incisivo impegno, ed al comportamento defatigatorio delle parti con l'attivazione dei rimedi all'uopo previsti dal codice di rito civile (Cass. n. 8600/2005; Cass. SS. UU., n. 1338 del 2004).

In particolare, nel caso in esame, va precisato che:

A) a proposito dei rinvii che, nell’ambito del processo in esame, siano stati chiesti dalle parti, è necessario evidenziare che, in tema di valutazione della ragionevole durata del processo, non tutto il lasso di tempo intercorso tra una udienza e l’altra può essere imputato al comportamento della parte che abbia chiesto il rinvio, dovendo il giudice adito in sede di equa riparazione verificare se l’entità del rinvio sia ascrivibile anche a concorrenti cause dell’organizzazione giudiziaria (Cass. 30/03/2005 n. 6713; Cass. 7/2/2004 n. 6856), come avvenuto nella fattispecie in esame. In ogni caso, i rinvii chiesti dalle parti non hanno certamente contribuito a rendere irragionevole la durata del processo oggetto del presente giudizio;

B) Infine, va ascritta al sistema giudiziario nel suo complesso, la concessione di rinvii con intervalli concreti anche cospicui; il tempo decorso per rinvii d’ufficio e per gli aggiornamenti dell’udienza connessi allo svolgimento di attività istruttorie; le pause dovute ad adempimenti referendari ed elettorali; gli intervalli per scoperture dell’organico del personale negli uffici; i periodi di ferie.
In definitiva, nel caso in esame, il ritardo del procedimento può addebitarsi all’apparato giudiziario. Infatti, a prescindere dalle esigenze dei rinvii di causa, basti rilevare che l’art. 175 cpc impone al giudice istruttore di esercitare tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento, e l’art. 81 disp. att. Cpc stabilisce che i rinvii da una udienza all’altra non dovrebbero superare i 15 gg., a meno che non vi siano delle giustificate esigenze.
L’obbligo assunto a livello internazionale dalla Repubblica Italiana con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione impegna lo Stato unitariamente considerato in tutti i suoi poteri ed in tutte le sue articolazioni strutturali, sicché tutti devono, nei limiti delle loro attribuzioni, concorrere all’adempimento di tale obbligo (Sent. CEDU 26/10/88, Martins Moreira c/ Portogallo), con la conseguenza che lo Stato risponde non solo per il comportamento negligente degli organi giudiziari, ma più in genere per il fatto di non aver provveduto ad organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da consentirgli di soddisfare con ragionevole velocità la domanda di giustizia (Sent. CEDU 10/12/92, Boddeart c/ Belgio).

 2  Competenza territoriale.
La competenza per territorio deve essere determinata con riguardo al giudice di merito dinanzi al quale il procedimento è iniziato, che, nel caso in oggetto, è il Tribunale di Salerno, Distretto di Corte di Appello di Salerno, con competenza, ex art. 3 L. 89/01 e art. 11 cpp, della Corte d’Appello di Napoli (Cass. SS. UU., Ord. n. 6306 del 16/03/2010).

 3  Termine e condizioni di proponibilità del ricorso ai sensi dell’art. 4 L. 89/2001.
Ai sensi degli artt. 133 e 327 cpc ed art. 1 L. 7/10/1969 n. 742, la decisione è divenuta definitiva in data 14/04/2012: infatti, la sentenza n. ***/2011 della Corte d’Appello di Salerno è stata depositata il 28/02/2011.

Inoltre, l'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, che prevede la sospensione dei termini processuali in periodo feriale, si applica anche al termine di sei mesi previsto dall'art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo. (Cass. 11/03/2009, n. 5895; Cass. 29/10/2010 n. 22242).

Pertanto, ai sensi dell’art. 4 L. 89/2001 e succ. mod., la presente domanda di equa riparazione può essere proposta fino al 29/11/2012.

 4  Conseguenze pregiudizievoli per la vittima con peculiare riferimento alla natura della controversia. Il giudizio presupposto del presente ricorso ha ad oggetto violazione delle distanze legali.

Tale giudizio ha procurato notevoli danni alla ricorrente, sia sotto il profilo economico che morale, con conseguenti notevoli patimenti, oltre agli inevitabili e prolungati disagi causati al normale svolgimento della vita familiare: la particolare natura della causa, infatti, ha comportato non solo notevoli pregiudizi economici, ma soprattutto ansia e patema d’animo, derivanti soprattutto dalla paura di perdere una considerevole parte dell’abitazione a causa del pericolo di parziale abbattimento o arretramento della stessa. Il danno morale indubbiamente sussiste, poiché non vi è dubbio che la lunga attesa della definizione di un giudizio di notevole rilevanza economica e riguardante un interesse di rilievo determini nell’interessato stanchezza, sfiducia nella giustizia e più in generale nelle istituzioni, senso di impotenza e quindi in definitiva uno stato d’animo negativo, che è suscettibile di ristoro in termini di danno morale.

 5  An debeatur della domanda di equa riparazione. Il processo civile oggetto del presente giudizio, non è stato conforme all’art. 6 par. 1 della CEDU, con specifico riferimento al termine ragionevole di durata, essendo stata minima l’attività istruttoria espletata e non essendovi stato alcun comportamento dell’attrice, odierna ricorrente, che abbia potuto ritardare il corso del processo.

Il caso non era complesso: il giudice adito ha dovuto semplicemente ascoltare due testi e verificare la relazione del CTU, attività per le quali non era necessario il decorso di 26 anni.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, conformemente ai principi elaborati in materia dalla Corte di Strasburgo, hanno precisato che, allorquando venga accertata la violazione del termine ragionevole di durata del procedimento, il danno non patrimoniale deve presumersi esistente, a meno che, per la particolarità della fattispecie, possa rivelarsi inesistente.

Inoltre, codesta Ecc.ma Corte ha ritenuto che è indubbio che la lunga attesa della definizione di un qualsiasi giudizio determini nel cittadino stanchezza, sfiducia nella giustizia e più in genere nelle istituzioni, senso di impotenza e, quindi, in definitiva uno stato d'animo negativo suscettibile di ristoro in termini di danno morale ai sensi del disposto di cui all'art. 2 comma 1 della l. n. 89 del 2001, da liquidarsi in via equitativa (Corte appello Napoli, 13 dicembre 2001).

In buona sostanza, una volta accertata la violazione deve, di regola, considerarsi "in re ipsa" la prova del relativo pregiudizio, nel senso che detta violazione comporta nella normalità dei casi anche la prova che essa ha prodotto conseguenze non patrimoniali in danno della parte processuale (Cass. 16/2/2005 n. 3118).

Pertanto, nel caso in esame, il danno non patrimoniale non può essere negato alla odierna ricorrente che ha visto violato il proprio diritto alla durata ragionevole del processo. Tanto anche perché l’equa riparazione riconosciuta dalla legge 89/2001 è un diritto non al risarcimento del danno, ma un indennizzo: di conseguenza, rimane irrilevante ogni eventuale riferimento all’elemento soggettivo della responsabilità (Cass. Sez. Un. 27/11/2003-26/01/2004 n. 1339).

Inoltre, ai fini del riconoscimento del diritto all’equa riparazione, il ricorrente non deve provare il danno morale, trattandosi di conseguenze che normalmente si verificano secondo l’id quod plerumque accidit (Cass. 29/03-11/05/2004 n. 8896):

una volta accertata la sussistenza della violazione del termine di ragionevole durata del processo, la parte che assume di aver subito un danno non patrimoniale in conseguenza della eccessiva durata del processo, non è tenuta a fornire specifica prova dello stesso, atteso che, secondo la CEDU, il danno non patrimoniale (da identificarsi col patema d’animo, con l’ansia, con la sofferenza morale causate dall’esorbitante attesa della decisione), a differenza del danno patrimoniale, si verifica normalmente, e cioè di regola per effetto della violazione della durata ragionevole del processo, per cui deve ritenersi presente secondo l’id quod plerumque accidit senza bisogno di alcun sostegno probatorio (Cass. 12/08/2005 n. 16885)
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In definitiva, il riconoscimento del processo come causa di ansia, di stress e di dispendio di tempo ed energie suscettibile di dar luogo al risarcimento delle parti che lo abbiano irragionevolmente subito è da ritenere principio d’ordine costituzionale immediatamente precettivo (Ved. Cass. Sez. Un. 23/12/2005 n. 28507).

 6  Determinazione del quantum della domanda per l’equa riparazione. 
La ricorrente, richiamati i parametri  stabiliti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nonché dall’art. 2-bis L. 89/01, chiede a titolo di equa riparazione  un risarcimento per  danno morale (non patrimoniale)  nella misura che codesta Ecc.ma Corte di Appello riterrà equa e giusta.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con le  sentenze n. 1338, 1339, 1340 e  1341 del 26 gennaio 2004, ha stabilito che i criteri di determinazione del quantum  della riparazione applicati dalla Corte europea non possono essere ignorati dal giudice nazionale, anche se questi può discostarsi in misura ragionevole dalle liquidazioni effettuate a Strasburgo in casi simili: la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte d’appello a norma dell’art. 2 della legge n. 89/2001, pur conservando la sua natura equitativa, è tenuta a muoversi entro un ambito che è definito dal diritto, perché deve riferirsi alle liquidazioni effettuate in casi simili dalla Corte di Strasburgo, da cui è consentito discostarsi purché in misura ragionevole (Ved. anche Cass. 20235/2004).

Per tutto quanto sopra esposto, si chiede che l'Ecc.ma Corte, respinta ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, voglia accogliere le seguenti

C O N C L U S I O N I

1) Accertare e dichiarare la violazione, da parte del Ministero della Giustizia convenuto, dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 2, comma 2-bis della Legge 89/01, e, conseguentemente, accertare e dichiarare il diritto dell’odierna ricorrente ad ottenere un’equa riparazione secondo quanto stabilito dall’art. 2-bis della L. 89/2001;

2) Per l’effetto, condannare il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalla ricorrente, nella misura che codesta Ecc.ma Corte di Appello riterrà equa e giusta;

3) Condannare il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pt, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipante.

La  ricorrente, ai sensi dell’art. 3, comma 3, L. 89/01, allega copia autentica degli atti processuali di primo e secondo grado.

Napoli, 27 Novembre 2012

Avv. Gennaro De Natale